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Vorrei conoscere il mondo dei morti,

reclamarlo in una lingua senza storia

che non abbia una grammatica, ma possa

avverare tutto ciò che si pronuncia.

 

Mi usano per parlare a chi è rimasto,

vogliono che dica, rovesciandola,

la parola che non hanno mai trovato.

 

*

 

Rovesciata nel sangue una preghiera

indecifrabile rimane nelle vene:

nessuno ha mai saputo pronunciare

la parola con cui inizia: pare venga

dalla lingua dei morti, e rivelata

li farebbe ritornare al nostro mondo.

 

Il segreto è che se bruci

i fiori che ti ho dato troverai

nel fuoco i segni per comporla.

 

*

 

I bambini giocano a intrecciare

le storie dei morti: hanno mille

voci in una sola lingua.

 

Conoscono la linea tra il mondo

e la sua conclusione; intuiscono

che le cose non durano e bisogna

piangere per tutto e per tutto

strillare, agitarsi, poi ridere.

 

*

 

E poi cammini con un cero

sciolto in bocca per ripetere i proverbi

con fatica, e tutti i nomi

comuni delle cose; oppure quelli

che di inverno reciti allo specchio.

 

Sarà che non conosco i segni

né l’Arcano della Luna, e non ho mai

saputo interpretare le stagioni;

 

sarà che ho in gola antichi canti

in una lingua incomprensibile di vento

e di fortuna, tra ostie sparpagliate,

 

ma l’ho stretto il patto con i morti,

esausto nella stanza, con un libro

lasciato sotto al letto, rovinato.

 

*

 

Vedi, non restano che i nostri

frutti sulla tavola:

mia madre che li sbuccia; i loro

nomi che pendono dall’orlo

e cadono tra il pavimento e l’invisibile.

 

Ora all’uva basta un soffio per marcire

in fretta e diventare una preghiera.

 

*

 

Dammi la cenere, la sorte

rovesciata dei morti che ridono

in cerchio attorno al fuoco; che bevono

per varcare ubriachi la soglia.

 

Alla festa non hanno invitato

chi ha sofferto la caduta del cielo;

chi ha corrotto con la lingua la voce

udita alla fine del sabba:

 

un giorno ciò che intendono i morti

a tutti sarà rivelato.