Brevi appunti lunari
“Abbi cura del tuo infinito” è un libro di poesie, incantesimi, amuleti, antidoti e miracoli. Una forma di lotta e di difesa allo stesso tempo contro il buio interiore, un libro affollato di ritmi che spingono nella danza della vita, una raccolta di balli e canti. Questo libro si potrebbe quasi definire antropologico nel suo continuo guardarsi dentro e guardarsi attorno. La raccolta è divisa in quattro sezioni tematiche – una per ogni fase della Luna, richiamando così i quattro tipi di magia bianca: Novilunio (incantesimi per rinascere), Luna Crescente (rituali d’amore), Plenilunio (incantesimi per guarire) e Luna Calante (magia contro l’oscurità). È un libro dove tutto si mescola, si annullano i confini, si strappano i calendari, gli orologi impazziscono. Gli amori si inseguono di millennio in millennio, di vita in vita, di dimensione in dimensione, prima ancora d’incontrarsi fisicamente, mentre attorno tutta la storia dell’umanità avviene nello stesso momento. Nella stessa poesia possono coesistere i giganti norreni e la realtà virtuale, Debussy e il reggaeton, i fiori e i vulcani. Ci si orienta cantando come gli aborigeni, si percorre il proprio cammino di Santiago, le canzoni alla radio sono messaggi in codice delle nostre versioni di dimensioni parallele per comunicarci qualcosa di importantissimo, e nel mezzo due anime che si trovano e si stringono fortissimo. Un libro per guarire, che cerca la salvezza senza trovarla, per questo è una festa, una raccolta di inni a ogni elemento di questo universo per festeggiare il fatto di essere ancora vivi e ancora insieme nonostante tutto. Una festa perpetua, una raccolta di poesie per alzare il volume del cuore, con gli occhi di un bambino come strumenti magici per incantare la realtà. Un libro di incanti e canti, un libro di miracoli realmente accaduti, un libro di mantra, un libro per ballare.
Archeologia del mare dentro
Non temere.
Siamo qui
da un numero preciso di giorni
e ci resteremo
per un tempo indefinito.
Nel mezzo
morti e rinascite interiori.
Tutto ciò che sappiamo
è ciò che siamo stati.
Il resto non ci riguarda,
quando sarà il momento
saremo già cambiati
e ci saremo già dimenticati,
sepolti dalle macerie
delle cattedrali dei noi passati
e dei cuori-alberghi crollati.
Un giorno scaveremo
a mani nude dentro noi stessi
e riporteremo alla luce
ciò che sarà sopravvissuto al tempo:
il timone di una nave, una bussola
che punta solo all’orizzonte e mai alle spalle,
la piuma di un’ala per ricordarci
che se vogliamo siamo capaci di volare.
Un giorno
torneremo in quelle zone abbandonate
a bordo della nostra barca
e incontreremo parti di noi
che credevamo morte
e invece erano solo disperse.
Un giorno riemergeranno soltanto
le parti di noi che ci servono davvero
e perderemo tutto ciò che è superfluo,
tutto ciò che non ci appartiene.
Un giorno
ci metteremo in viaggio
e ci dirigeremo verso noi stessi.
Quel giorno ci incontreremo
per la prima volta.
Quel giorno diventeremo
chi siamo davvero.
Cerimonia del risveglio
Infilo gli occhi
nelle vene del mondo.
Mi piace guardare le strade
e ascoltare
il canto popolare delle risate
sopravvissute alle stelle.
Al mattino
dal letto – osservatorio astronomico
di megaliti, colazioni,
poesie lette appena sveglio e sigarette –
tutto sembra piccolissimo
e contemporaneamente grandissimo.
Come quando ci siamo tenuti la mano
tra le statue colossali
che sfioravano il soffitto
nella villa di Andersen.
Metto le scarpe, scendo le scale.
Un gatto ambrato
nel cortile del condominio
fugge via appena apro la porta
portandosi via la notte
e illuminando lo spazio d’alba.
Entrambi siamo soli,
eppure lui sa splendere anche così.
Imparo da tutte le forme di vita
come esistere.
Celebro la cerimonia del risveglio.
Appena si schiudono gli occhi
è primavera.
Accolgo le api
dell’imprevisto quotidiano.
Le punture fanno male
ma sono un bene.
Sarà un giorno di miele.
La topologia dello spazio tra il tuo collo e il cuscino
La prima volta che hai
detto di amarmi
ho pianto nascondendo la testa
nello spazio tra il tuo collo e il cuscino.
Mi sentivo nello spazio, in un’abitazione
postmoderna sulla Luna, finalmente
a casa.
Sei tu, ho detto.
Sei tu, hai risposto.
Oracoli
Le mie scarpe preferite
piene di tutte le passeggiate fatte insieme.
La sigaretta che hai lasciato a metà
nel posacenere sopra la finestra
perché eri troppo impegnata ad ascoltarmi.
Un singhiozzo di sole che illumina la cucina
mentre mangiamo la pasta appena svegli.
Il tuo odore nel letto dopo l’amore.
Il tuo primo ricordo, il mio primo ricordo,
chissà se ci saremmo amati anche da bambini.
Il piccolo ragno che abita in camera tua.
La formica che ho trovato in camera mia
mentre parlavamo al telefono.
È nelle cose minuscole
che vedo miracoli.
Nelle tue vene, nelle tue mani,
nei tuoi occhi che venero come oracoli.
Sbadiglio
Musica
da un’altra stanza.
Corde di pianoforte
nella tua gola.
Ti sento
mentre ti svegli
e risvegli il mondo,
voce del mare
e ruggito di stelle
nel tuo sbadiglio.
Preparo la colazione.
Ti sento.
Buongiorno.
Meditazione
Affacciatevi in voi,
andate in cerca
della cosa più innocua
che possedete
e lasciatevi sopraffare
dalla sua ferocia.
Un fiume è solo un fiume
finché non sfocia.
Amuleti magici per sconfiggere l’oscurità
Amuleti magici
per sconfiggere l’oscurità,
i nostri canti militari di felicità;
psicomagia per guarire dalla malattia
di non riuscire a vedere l’infinito;
stadi di calcio come cattedrali,
pellegrinaggi domenicali
nella speranza di un miracolo;
felicità sotterranee nelle metropolitane,
due persone che viaggiano velocissime
per riabbracciarsi;
fiori sottopelle e primavere interiori;
cuori passaporti per altre dimensioni,
per andare oltre l’altrove;
migrazioni verso nuove terre emerse
tra un battito e l’altro;
meditazioni e mantra
nei ritornelli delle canzoni;
danze primitive per celebrare gli abbandoni,
perché ogni abbandono è un ritorno a casa
e se non trovi più la strada
significa che il posto in cui sei ora è tuo;
souvenir spaziali,
da Marte arrivano delle fotografie;
poesie, incantesimi e profezie nascoste nei baci;
costellazioni di cicatrici
all’altezza del cuore;
sciamani insospettabili,
pericoli benedetti, sbagli perfetti
e cieli stellati indimenticabili.
C’è un’alba in ogni cosa.
Siamo ancora nel mese di gennaio
della storia dell’umanità.
Chissà che bella sarà
l’estate che verrà.
Stefano Colucci (22 settembre 1995) nasce ad Avellino e vive a Roma, dove si è laureato in Arti e Scienze dello Spettacolo presso l’università Sapienza. Si fa conoscere come poeta grazie a Youth Symphony – Sinfonia della giovinezza, esordio suddiviso in tre parti tra il 2016 e il 2020 in cui racconta con la poesia l’adolescenza e la post-adolescenza. Dopo varie esperienze come attore sia in teatro che in televisione, nel 2019 debutta come autore teatrale con “Invisibile”, testo drammatico sul bullismo e l’omosessualità tra gli adolescenti che gli permette di farsi notare come drammaturgo dalla critica di settore. Nello stesso anno il suo progetto di visual art Breath, Earth è esposto a New York presso le Nazioni Unite, in occasione del summit giovanile sul cambiamento climatico, e successivamente a Tokyo presso la sede della Soka Gakkai. Collabora negli anni con nomi importanti come Treccani e Roma Pride, ed è inoltre regista di cortometraggi. Nel 2020, in piena pandemia, fonda Wonderlart, cantiere artistico e culturale. Attualmente ricopre il ruolo di art director presso il festival cinematografico Queer Days. Nel 2022 pubblica il suo nuovo libro di poesie intitolato Abbi cura del tuo infinito.
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