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LIMINA MUNDI

~ Per l'alto mare aperto

LIMINA MUNDI

Archivi tag: Fabio Dainotti

Pasquale Ciboddo, “Andar via”, Guido Miano Editore, 2021. Recensione di Fabio Dainotti.

19 lunedì Set 2022

Posted by Deborah Mega in LETTERATURA E POESIA, Recensioni

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Andar via, Fabio Dainotti, Pasquale Ciboddo

Recensione di Fabio Dainotti

È certamente la terra, e segnatamente quella della Sardegna, culla della civiltà pastorale, il fondamento esistenziale per Pasquale Ciboddo, che nel suo libro di poesia, Andar via (impreziosito da un dipinto di Franca Maschio in copertina e corredato dei giudizi critici di Antonio Piromalli, Franco Fresi, Giuseppe Fiamma, Elio Andriuoli, Eugenio Maria Gallo, Enzo Concardi), rievoca, in toni a tratti anche queruli ed elegiaci (E cosa rimane), ricordi da conservare «nel museo del cuore» (Come dimenticare).

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Fabio Dainotti: “Ultima fermata – Poesie e racconti in versi”, La Vita Felice, 2021. Recensione di Adriana Gloria Marigo.

07 venerdì Gen 2022

Posted by adrianagloriamarigo in MISCELÁNEAS

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Fabio Dainotti, Ultima fermata

 

Fabio Dainotti: Ultima fermata – Poesie e racconti in versi

La Vita Felice, 2021

Nota di Luigi Fontanella

 

Tracce circostanzialiste e parmenidee nello spazio e nel tempo di Ultima fermata – Poesie e racconti in versi

 

«Quando siamo ancora fortemente proiettati verso il futuro, il nostro passato con i suoi peculiari piaceri non ha alcuna presa su di noi. Giungerà a suo tempo l’ora delle “Memorie”, il volgere la testa all’indietro. In quel momento l’uomo compensa la sterilità del suo avvenire con un insperato rinverdirsi di tutti i paesaggi inariditi.»: sono le parole di José Ortega y Gasset contenute nel Prologo per gli spagnoli di quel pregevole libro che è Il tema del nostro tempo, e bene attengono all’ultima raccolta del poeta e presidente onorario della Lectura Dantis Metelliana Fabio Dainotti Ultima fermata  – Poesie e racconti in versi, La Vita Felice, 2021. Fin dal titolo, a modo di dichiarazione inevitabile, esplicita, iscrizione di frontone autorevole, esaustiva, il poeta ci pone di fronte a una circostanza il cui carattere è la ‘conclusione’: di un viaggio, o percorso, o piuttosto percorso di un certo viaggio che ha esaurito le proprie urgenze, le fascinazioni, i contributi di apprendimenti che formano, affinano, capitalizzano la vicenda personale durante tratte di vita reale e simbolica, chiude il tempo dei progetti sognati e realizzati, degli ideali e apre il tempo dell’andare à rebours: tempo non avulso da certa nostalgia e revêrie che tracciano versi dai sentori di malinconia sfiorata da amabile ironia. La percezione della fine del viaggio avvia l’osservazione sul passato, sui particolari dell’accadere espressi sia per forme oggettive – le cose quotidiane, gli incontri, le perdite, gli eventi banali o straordinari – sia per atmosfere e ritmi di eventi – la grazia della meraviglia, la mestizia delle sottrazioni, la numinosità dell’ineffabile – secondo una misura cara all’Autore e consistente in una nota dalla melodia delle cose in penombra, sfiorate da luce lieve, propensa ai toni della malinconia dei poeti crepuscolari: si tratta del paradigma di quel carattere attento ai modi di una sottile eleganza intellettuale e formale che trova riscontro nell’uso della parola, della versificazione solo all’apparenza semplice, incline al discorsivo: in realtà il raggiungimento di un fraseggio comprensibile e al contempo carico di suggestioni come quello evidente in Ultima fermata  – Poesie e racconti in versi è il risultato di attenzioni ineludibili per la parola pregna di auree immaginali, mnestiche come ha rimarcato in Nota il poeta e critico Luigi Fontanella. Lo sguardo rivolto all’indietro – questa rassegna perlustrativa dell’avvenuto con le sue dissonanze esistenziali e le sue fragili delicate virtù – consegna poesia in cui la costante presenza umana attraversata da sinfoniette paesaggistiche come in Paesaggio sul Ticino disegna spazialità intramate di tempo il quale, per sua natura essenzialmente astratta simultaneamente presente e assente, non è immobile, ma percorso dal cambiamento. E’ il cambiamento che «permette di discernere uno stato precedente di un corpo dal suo stato successivo, che si è originato solo in seguito allo stato antecedente che, come dice il termine stesso, lo ha preceduto, ossia è occorso prima di esso temporalmente, di modo che, attraverso il mutamento, è possibile approssimarsi alla comprensione dell’avvenire del tempo mediante la distinzione netta di un prima e di un dopo.» (Giovanni Mazzallo, Il tempo in Parmenide e Einstein) consente al poeta di scrivere «Ma il berceau è spoglio, rotta la panchetta, / dove leggevi romanzi d’amore / tutta sola, protetta, / nel sole, da una paglia fiorentina.»: le immagini–fotogrammi che sembrano immobili, cristallizzate nostalgicamente in un tempo lontano, sono percorse da una coloritura che emana onde vibrazionali, suggestioni che raggiungono il presente dove si percepisce che l’immobilità appartiene al passato, mentre la suggestione al presente e che in tale rapporto si situa l’immaginazione che è ponte, vitalismo del tempo. Cose e persone sono connotate e descritte ‘in essere’, in momenti attivi dove la nostalgia resta sospesa, aleggiante, preferendo l’affioramento della circostanza: avviene che i versi in Primi Juke–Box «Si andava “Da Gisella”, nelle sere / d’estate, in Franciacorta, / a sentire il juke–box, / un cerchio di splendore / e intorno l’ombra.» siano a confermare un tratto evidente che percorre il libro e corrisponde, ancora una volta, all’espressione di José Ortega y Gasset «Io sono io e la mia circostanza»: «la trasognante attrattiva di questi versi» (Luigi Fontanella, Nota) emerge da una sapienziale architettura poetante in cui la narrazione lirica mette in atto una serie di esistenze ed eventi in circostanze determinanti, poiché la vita accade non «al di fuori di ogni luogo e di ogni tempo» (José Ortega y Gasset, Prologo per gli spagnoli), ma nel manifestarsi di coordinate spaziali e temporali che Fabio Dainotti tratteggia con versificazione sicura, ferma e sentimento lirico di grande armonia formale rifuggente da ogni artificiosa astuzia rimaria.

Adriana Gloria Marigo

 

 

 

da Autobus a Pavia

ULTIMA FERMATA

La turba ce rimase lì, selvaggia

parea del loco, rimirando intorno

come colui che nove cose

assaggia.

Dante Alighieri

 

In viale Cremona a Pavia,

nella periferia estrema, ingrigita,

penultima fermata: tutti scendono,

qualche saluto frettoloso: è tardi.

Uno, straniero ancora al luogo e alla città,

vedendo ripartire il bus rombante

(fanali che si perdono nel buio, nella nebbia),

domanda agli altri, attonito:

«Ma dove vanno quelli, in capo al mondo?»

 

 

 

da Franciacorta in corriera

IL GIORNO DEI SEPOLCRI

Un’altra Pasqua, è il giorno dei sepolcri

e il cielo è corrucciato, come deve.

Mangiammo la “tagliata” in un grazioso

ristorante, all’aperto (era d’estate),

sotto un ameno pergolato. E lei,

nel letto d’ospedale. Erano posti

già visti nell’infanzia, forse in una

vita anteriore.

 

 

 

da Funicolare di Brunate

PROMESSA

La giornata si schiude, una promessa

attende nell’ombra che scema.

Il bar è nel sole che avanza.

Ridono le stoviglie, l’acqua canta.

Il giornale sportivo è sul tavolo,

promessa di sogni incantati.

Nell’ombra c’è il verde bigliardo.

Fuori un sole maliardo.

 

 

 

da Trenino per Vimercate

ALLA FERMATA DEL TRAM

In tre alla fermata del tram.

Una ragazza, un biondino, uno bruno.

La ragazza e il biondino si salutano

baciandosi sulla banchina. Lui sale sul tram,

che si allontana scampanando e gira,

scompare tra le foglie rosse e gialle.

È la volta del bruno, lei lo bacia,

le guance rosse. Aspetto la mia corsa,

il mio turno del bacio che non viene.

Arriva solo, ma in ritardo, il tram.

 

 

 

da Burchiello sul Brenta

LA MALCONTENTA

Un bacio mi desti, spergiura

Elvira, nel vialetto

ghiaioso della Villa Malcontenta.

Ora è finita; eppure credevamo

(o forse io credevo) il nostro breve

amore imperituro. E così è stato,

da parte mia.

 

 

 

da Taxi per Cava

CAVA DESNUDA

Bellissima, adagiata

sul letto della Valle Metelliana,

i fianchi ti asseconda morbidissimi

la doppia curva della via ferrata

e dell’autostrada per Napoli.

E vai pensando, neghittosa e nuda,

a impossibili amori.

 

 

 

Biobibliografia

 

Fabio Dainotti, presidente onorario della Lectura Dantis Metelliana, di cui è stato per anni presidente e direttore, condirige l’annuario di poesia e teoria «Il pensiero poetante». Ha pubblicato in poesia: L’araldo nello specchio, Avagliano Editore, 1996; Sera, con disegni di Salvatore Carbone, Pulcinoelefante, 1997; La Ringhiera, Book Editore, 1998; Ragazza Carla Cassiera a Milano, Signum, 2001; Un mondo gnomo, Stampa alternativa, 2002; Ora comprendo, Edizioni Scettro del Re, 2004; Selected Poems, Gradiva, 2015; Requiem for Gina’s Death and Other Poems, Gradiva, 2019; Poesie controcorrente, Biblioteca dei Leoni, 2020. Nel 2015 ha conseguito il Primo Premio assoluto “I Murazzi” per la silloge inedita Lamento per Gina e altre poesie, che ha avuto la pubblicazione premiale per i tipi della Genesi Editrice, Torino. Ha collaborato a numerose riviste di settore (tra cui «Capoverso», «Misure critiche» e «Gradiva») ed è presente in molte antologie. Come conferenziere, ha parlato su argomenti di letteratura e di interesse dantesco e commentato canti della Divina Commedia. Ha tenuto reading di poesia: il più recente, alla State University of New York, Stony Brook. Ha curato la pubblicazione presso Bulzoni de Gli ultimi canti del Purgatorio dantesco (2010). Sul mensile «Poesia» sono apparsi articoli sulla sua produzione. La Rai ha seguito eventi da lui curati.

 

 

 

 

 

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Recensione di Silvio Aman a “Poesie Controcorrente e Racconti in versi” di Fabio Dainotti

16 venerdì Ott 2020

Posted by adrianagloriamarigo in MISCELÁNEAS

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Fabio Dainotti, Silvio Aman

 

Fabio Dainotti: Poesie controcorrente e Racconti in versi

La Biblioteca dei Leoni, 2020

Prefazione di Paolo Ruffilli e postfazione di Carlo di Lieto

 

In questa breve raccolta Fabio Dainotti scrive dell’amore colto nelle sue curiose varianti (presenti nella sezione di apertura Strani amori) e lo fa con ironica grazia: ironia del resto già implicita nello scorrere del tempo. Nel libro rivivono, infatti, figurine ormai lontane: non com’erano, e non saranno mai, perché il loro regno è la memoria in cui il poeta ricorda, assieme alle giovanili, anche quelle che parrebbero appartenere a foto o cartoline d’epoca (impiegando le voci ormai non più in uso di “decolleté” e “galante”) con un tocco di vaga melanconia, come In visita dalla sezione Figurine, dove l’ospite compare a cavallo…

 

Quasi ogni giorno venivo a trovarti

nella casina bassa,

affondata tra il verde dei cespugli;

legavo il mio cavallo

alla grata di ferro del giardino

(p. 19)

 

in Festa galante…

 

Il bocchino, i capelli impomatati;

lusinghiere parole.

Un décolleté di donna,

morbida nel guardare, lenta a dire.

 

Una musica triste al pianoforte.

Indistinta, nel fumo dei liquori,

la voluttà di perdersi e trovarsi

(p. 27)

 

e in La passeggiata, che ricorda certi dipinti fin de siècle, uno dei quali (Signora con cappello, di Federico Zandomeneghi) occupa la copertina…

 

La littorina fermava

in un viale alberato a Milano;

era giugno, la luce dilagava.

 

Vimercate: fermata in pieno centro,

tra un’edicola in fiore di giornali

e il chiosco per la musica d’estate.

 

Le signore sfilavano eleganti

con ombrellini al braccio.

 

Nei versi di Sulla corriera trapela invece qualche vaga reminiscenza di Penna:

 

Sulla corriera azzurra,

il ragazzino è biondo, ben vestito:

indossa un farfallino.

 

Ragazzino spigliato, perché non esita a stringere “tra le sue,/ le gambe della bella sconosciuta” per poi spaventarsi:

 

La donna dorme. Finge? Il sole,

nel tramontare, incendia la pianura.

 

Il ragazzetto pensa: “E se si sveglia?”

Così lascia la presa, spaventato.

La luna sorge. Il sole è tramontato.

(p. 24)

 

Gustoso contrasto psicologico fra il desiderio, riflesso nel sole al tramonto (in contrasto con la giovane età del ragazzo e non forse della donna dall’“aria vissuta”) che “incendia la pianura” e il timore pronto a spegnerlo col sorgere della luna. La grazia presente in questi quadretti sta anche nel rimpicciolimento dovuto ai diminutivi (casina, cavallina, ombrellini, canzoncina, biondino, farfallino, ragazzino, fidanzatini) con l’effetto di allontanare le immagini, mentre la rima Vimercate : estate (l’edicola dei giornali, pur “fiorita” non è un grand’Hôtel, né il chiosco della musica il salone delle feste a Monaco o a Baden Baden) suscita un senso di riduzione in termini provinciali, probabilmente ironica, ma non malevola. Il ragazzino ritorna nella poesia Triangolo in cui il contrasto sta fra la sua timidezza e lo scherzo sfacciato dell’amante:

I due amanti s’allacciano sull’erba

scambiandosi baci di fuoco.

Il ragazzino sta in disparte, timido.

– Puoi venire anche tu, se vuoi! – fa lei

con aria di sfida.

 

In Piccolo caffè o dei primi rendez-vous, abbiamo, invece, il ricordo dimesso e gentile delle cose minuscole:

 

There is a pleasant little café there,

un piccolo caffè dove noi due

ci appartavamo. Era bello parlare,

noi, soli al mondo.

 

C’era una siepe in vasi tutto attorno.

Stavamo seduti noi due soli

come i fidanzatini di Peynet.

(p. 33)

 

La siepe con i vasi “tutto attorno” forma, appunto, un piccolo mondo quasi incantato, se qui non si trattasse di un addio, ma a questa poesia-ricordo segue con ben altro tono La tastiera o del trionfo dell’amore, perché dopo il diteggio amoroso (“suono sulla tastiera del tuo corpo/ le musiche più belle e più dolenti,/ malinconiche, ardenti,/ prima e dopo l’amore”) compare, nella staccata e ultima duina, una svolta inquietante:

 

Quando sorridi, scopri bianchi denti

come una creatura di Allan Poe.

(p. 14)

 

La creatura, nelle Opere di Poe, è Berenice, cui il cugino, nel delirio dell’idée fixe, strappa i denti, che qui, con gli omoteleuiti in -enti, richiamano la tastiera. Si tratta di svolte non prevedibili, come in Fuma l’affari? (in dialetto) dove l’autista chiede all’Agostina di uscire e fidanzarsi, sennonché, dopo la serata al cinema…

 

Nel ricondurla a casa, lui parlò

(e avrebbe fatto meglio a stare zitto):

“Allora, facciamo l’affare?”

(p. 55)

 

Anche la psicologia femminile ha qui la sua parte:

 

“Non ho niente da mettermi”; e piangeva

con i singhiozzi, come una bambina,

mia madre. E io n’ebbi pena, come

se mancassero i soldi per mangiare

e non, semplicemente, nell’armadio

un abito da sera.

(p. 43)

 

Il libro ci offre, insomma, un continuo altalenare di ricordi con drammi, pianti, sorrisi e ingenue truffe (come in Il viaggio in cui una madre corre da Padre Pio “per sapere il destino ultraterreno” del figlio annegato, e lui: “Non preoccuparti”, le rispose, “è salvo”.) che la commovente poesia Una chiesa laggiù (dalla sezione Amor sacro) disperde a favore di un’auspicata e pacificante cancellazione…

 

C’è una chiesa laggiù, ci si arriva

da un vicolo in discesa, che costeggia

un giardino alberato con le aiuole.

 

C’è uno zampillo chiaro nel giardino,

che canta una sua canzoncina,

di sole quattro note,

ma vorresti ascoltarla sempre, sempre.

 

È l’acqua primordiale della nascita,

che ti culla e ti invita ad annullarti,

come una macchia, nella nuda terra.

(p. 47)

La chiesa, nominata all’inizio, ma non raggiunta “laggiù” ci ricorda l’acqua del battesimo e, assieme all’unione spirituale con la divinità, il memento mori, mentre lo zampillo terreno suscita l’invito a sentirsi cullati dalla sua canzoncina (eterna ninna nanna) per tornare, senza memorie, neppure le cristiane, in seno alla madre… terra.

 

Silvio Aman

 

Biobibliografia

Fabio Dainotti (Pavia 1948), presidente onorario della Lectura Dantis Metelliana, di cui è stato per anni presidente e direttore, condirige l’annuario di poesia e teoria “Il pensiero poetante”. Pubblicazioni di poesia: L’araldo nello specchio (Avagliano editore, 1996); La ringhiera (Book, 1998); Ragazza Carla Cassiera a Milano (Signum, 2001); Un mondo gnomo (Stampa alternativa, 2002); Ora comprendo (Edizioni Scettro del Re, 2004); Selected Poems (Gradiva, 2015); Lamento per Gina (Genesi, 2015, Primo premio “I Murazzi”); in edizione bilingue Requiem for Gina and other poems (Gradiva, 2019). Collaborazioni con numerose riviste di settore, tra cui: “Capoverso”, “Misure critiche”, “Gradiva”; come conferenziere, ha trattato argomenti di letteratura e di interesse dantesco e commentato canti della Divina Commedia. La rivista “Poesia” si è occupata criticamente della sua opera; RAI TRE ha dedicato servizi su eventi da lui promossi. Per l’editore Bulzoni ha curato la pubblicazione de Gli ultimi canti del Purgatorio dantesco (2010).

 

 

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