“Muore giovane chi è caro agli dei”. Una citazione del commediografo greco Menandro sicuramente nota negli ambienti raffinati dell’Umanesimo fiorentino del circolo più vicino a Lorenzo il Magnifico. Una data. 28 aprile 1476. Un nome, Simonetta, che oggi pochissimi ricordano, ma il cui volto tutti hanno visto e ammirato nelle opere del più limpido cantore della stagione della bellezza fiorentina, Sandro Botticelli. Lei, Simonetta Cattaneo Vespucci, ninfa vagheggiata dai versi di Agnolo Poliziano nelle Stanze, e prefigurata nell’Euridice della Fabula di Orfeo, pagò il tributo all’immortalità della sua bellezza con il prezzo più alto, la morte. Lei, già morta, divenne mito sottratto all’erosione del tempo, volto-immagine di quel Neoplatonismo laurenziano che doveva rappresentare la cultura elitaria della corte medicea quale sigillo del potere familiare e personale del Magnifico, segno distintivo di un’eccellenza nelle lettere e nelle scienze filosofiche che faceva brillare come un diamante Firenze al volgere dell’ultimo quarto del secolo. L’elaborazione di un mito creata, si può dire, a tavolino. Continua a leggere
“Muore giovane chi é caro agli dei”. La storia d’amore di Simonetta e Giuliano
30 mercoledì Mar 2016
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