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Archivi tag: La venatura della viola

Nota critica di Carlo Di Legge su “La venatura della viola” di Rita Pacilio, Ladolfi, 2019

23 lunedì Mar 2020

Posted by Deborah Mega in Consigli e percorsi di lettura, LETTERATURA E POESIA, Recensioni

≈ Commenti disabilitati su Nota critica di Carlo Di Legge su “La venatura della viola” di Rita Pacilio, Ladolfi, 2019

Tag

Carlo Di Legge, La venatura della viola, Rita Pacilio

Cara Rita, riesco, in questi giorni di calma un po’ irreale, a rileggere il tuo ultimo libro La venatura della viola – Ladolfi, 2019: un bel titolo, tanto per cominciare, inventato nel contesto di quell’infinito immaginario che tutti ci muove, facendo sì che troviamo senso alla vita. Comincio a leggere, e vengo diretto in modo assai favorevole e anche a me congeniale dalla tua Lettera introduttiva. Vi si avverte un tono pacato, rasserenato e rasserenante, che forse non c’era in molti tuoi lavori visti.

Le prime poesie, per la verità, sembrano contraddire ciò che ho appena scritto. E avviene che, nonostante la presenza, sovente, del senso compiuto – ricordo bene la tua scrittura precedente, che certamente corrispondeva a una visione del mondo – , s’incontri il tu : tu, “che mi vuoi archiviare” e lo fai “interrompendo il nostro discorso”, “nella nebbia rancorosa e scura” (p. 10). Non sto a domandarmi il chi; ma subito, a p. 11, prosegui con menzione dell’ “ultimo litigio/uscito dalla bile” e accenni alla “fossa” e “al timore di saperci morti”; eppoi  (per un esempio), “Mani agitate sconvolgono ricordi/il nome; la data di nascita schiamazza/per terra” (p. 14) – efficace, certo – in un mondo in cui “tutte le persone … muoiono senza compassione,/come se il peccato fosse l’amore” (p. 16): allora non resta che “l’alloggio della rassegnazione” ma, a un mondo del genere, scomposto, non certo allegro, non felice, si adegua solo il linguaggio spezzato, lacerato, il mutamento non proprio gradevole al/del soggetto. Messo in dubbio anche il soggetto? Non so. Ma “Il mondo è un corpo devastato” (p. 17) e questo incipit è davvero un simbolo per i tuoi libri, quelli che avevo già letto, e pare che anche la tua poesia non possa risultare diversa, se la visione del mondo sarà questa: così “Qualcuno dice che non puoi farci niente”. Ma qui, proprio qui nel cuore dell’immagine della tua Waste Land, cominci a tener fede alla Lettera introduttiva, perché quel “qualcuno dice …” sottintende anche “ma …”: l’eccezione dell’ottimismo, la presenza di un alcunché di positivo, che arriva, con le linee dell’ “allora coglierò tutte le viole/le terrò insieme …/abbandonata alla saggezza del necessario” (p. 17). Ed è la saggezza che parla, con la viola. Da questo momento, il mondo e il libro, è vero, non sono affatto pacificati – già a fine p. 18 s’affaccia l’assurdo (da sotto terra guardare la luna e fare una piroetta “per vederti sorridere”?); tuttavia, nei momenti che ritieni di sutura, affacci questa immagine gentile, che giova al libro e alle cose, fin dal titolo: l’essenza (di violetta?) nel fazzoletto e di nuovo, con il ricordo della nonna, la narrazione dell’infanzia; certo che anche un’essenza – si direbbe, figura metonimica –  oppure consuetudine per “spirito” – si apparenta strettamente con la trasparenza della venatura e, volendo, di lì alle “albe e l’universo” intero, se in ogni monade si raccoglie il caos ordinato; ed è vero, questa gentile venatura-per-violetta-per-kosmos dice, o è come dicesse, “manca sempre una parola se mi nascondi” (p. 19); violetta è figura associata al perdono e all’ancora una volta (p. 20); le immagini di pacificazione (p. 21) sono collegate, suppongo, a quelle della natura; e così alla natura “del poco” (p. 22) che può essere tutto ciò che serve, alle “venature della viola” (p. 26) che occorrerà ringraziare di tutto ciò che si trova, e d’essersi lasciate trovare; al “vorrei essere un albero” ai piedi del quale “le violette” (p. 28).

Un altro cuore del libro, credo, a p. 23: “Ci si ammala. Per eccesso di fiducia”. Ma poi, meglio, “Ci si ammala per avidità”. Ancora saggezza.

Credo si tratti qui di un libro importante, dove, alla visione-diagnosi del male del mondo e dell’anima, si presenta spessissimo un simbolo d’infanzia, o più simboli della natura ritrovata (ancora bella, nitida, “Ho tre alberi in cima agli occhi” p. 40); uno o più promettenti ritorni.

Ed ecco un incontro in cui diventa estraneo una persona che ben si conosce, e sarà meglio così, forse? O no? (p. 26); ancora i pensieri tristi “Se dovessi scriverti da morta” aggiustarsi come pacate “parole dette/risposte giuste, cortesi” (p. 33):; “viola” sarà ultima parola del libro (p. 44), e, nel silenzio, da cui infine sappiamo “di essere sorretti” (p. 36), campeggia il “batticuore che guarda in alto/guizzo estremo e gentile/senza disperazione”, ancora “Quella venatura della viola/… già compiuta nella sua totalità”. In fondo, nulla. Ma, volendo, si trova che sia tutto.

Grazie per il regalo, hai trovato un bel simbolo grazioso e potente.

Carlo Di Legge

 

***

Vorrei essere un albero

raspato nelle croste dai fulmini

contare le formiche sul ceppo

al vento sbattere la mia testa matta.

Se hai paura non tornare indietro:

vedi la confidenza dell’inverno?

Lungo il tronco si appuntisce il bosco

si piega a terra con le violette in mano.

***

Come noi, i pomeriggi di marzo assottigliano

continuiamo a non saperci dire che ci amiamo.

Nessuno, te compreso, ha visto in controluce

la combinazione per consolare le cellule perse

tra un atto e l’aria blu. Le parole, una dopo l’altra

mentre spaiamo calzini e prudenti teorie.

Se unissimo i punti

troveremmo l’infinito lasciato incompiuto

il bacio a tradurre il reale e l’altra faccia.

***

Qualcosa di troppo accresce

l’orgoglio e la colpa di essere nati qui

in questo garbuglio di allarmi profondi

dove porti in rovina e chiusi come porte

rendono l’acqua inutile e il tramonto povero

se esistesse l’origine di una parola

dovremmo baciare la sabbia e le conchiglie

farlo in segreto, silenziosamente

tracciare una virgola dopo l’apparenza

allargarci sul gambo come fa la viola.

 

Rita Pacilio (Benevento 1963) è poeta, scrittrice, sociologa, mediatrice familiare, si occupa di poesia, di critica letteraria, di metateatro, di saggistica, di letteratura per l’infanzia e di vocal jazz. Direttrice del marchio Editoriale RPlibri è Presidente dell’Associazione Arte e Saperi. Ha ideato e coordina il Festival della Poesia nella Cortesia di San Giorgio del Sannio. Sue recenti pubblicazioni di poesia: Gli imperfetti sono gente bizzarra, Quel grido raggrumato, Il suono per obbedienza, Prima di andare, Al polso porto catene, La venatura della viola.

Per la narrativa: Non camminare scalzo, L’amore casomai.

Pubblicazioni di letteratura per l’infanzia: La principessa con i baffi,Cantami una filastrocca, La favola dell’Abete, La vecchina brutta e cattiva.

È stata tradotta in greco, in romeno, in francese, in arabo, in inglese, in spagnolo, in catalano, in georgiano, in napoletano.

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Intervista a Rita Pacilio: La venatura della viola

30 lunedì Set 2019

Posted by Deborah Mega in Interviste, LETTERATURA E POESIA

≈ 1 Commento

Tag

La venatura della viola, poesia, Rita Pacilio

Questa intervista appartiene ad un’iniziativa del blog Limina mundi che intende dedicare la propria attenzione alle pubblicazioni letterarie (romanzi, racconti, sillogi, saggi ecc.) recenti, siano esse state oggetto o meno di segnalazione alla redazione stessa. Ciò con l’intento di favorire la conoscenza dell’offerta del mercato letterario attuale e degli autori delle pubblicazioni.

La Redazione ringrazia Rita Pacilio, per aver accettato di rispondere ad alcune domande sulla sua opera: La venatura della viola, Giuliano Ladolfi Editore, ottobre 2019

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