Chi siete voi, animali, psychai che ci visitate in sogno?
James Hillman, Presenze animali
Nella ricca e dettagliata Introduzione a Bestiario, Francesca Diano illustra con attenzione appassionata – potremmo dire con dedizione di calda, devota e gentile familiarità, proprio come accade quando si partecipa con sentimento intimo a vicende che ci riguardano – l’origine, la gestazione, la nascita e infine il lascito culturale ed emozionale di sedici poesie il cui argomento sono gli animali. Dalle pagine necessarie ad accompagnare il lettore nel viaggio dedicato alle “bestie”, Francesca ci immette entro testi che appartengono a quella speciale categoria di libri che nel Medioevo raccontavano di animali reali e immaginari in manoscritti di grande bellezza per le miniature che cesellavano l’opera calligrafica realizzando un’alta significanza estetica e simbolica in quanto il contenuto di ordine morale dei racconti in prosa o in poesia si coniugava con la pazienza amanuense e l’opera pittorica dei miniaturisti. In questa raffinata tradizione che assume in sé archetipi, simboli, metafore, allegorie, che si radica in espressioni artistiche molto lontane dai secoli del Medioevo per cui l’origine remota ci raggiunge carica di fascinazione come un richiamo cui non si può non rispondere, si inserisce il lavoro poetico dell’autrice che ha specchiatura nelle forme e nel colore del lavoro artistico di Patrizia Da Re: animali carichi di pathos – forza contrapposta a logos – connotano tra apollineo e dionisiaco i racconti mitologici della poetessa secondo una tecnica pittorica che elabora il monotipo con pennellate di colore realizzanti un’armonia perfetta tra la parola della poesia e l’immagine della pittura. Possiamo affermare senza tema di smentita che in Bestiario si realizza il concetto oraziano di Ut pictura poësis: tra la parola scritta di Francesca Diano e la visività del dettato pittorico di Patrizia Da Re si manifesta lo speciale matrimonio alchemico di due pensieri immaginali che si riconoscono d’affinità immediata e complementare, e in questo numinoso incontro si avvera l’oggetto concreto del “libro bello” nato dal ponte misterico gettato negli spazi liminari tra conscio e inconscio accogliendo nei modi dell’anima le figure archetipali nella loro vibrazione fortemente eidetica e creativa.
Il mondo, la natura, e nel caso specifico Bestiario con cui la poetessa ci porge la postura mitica degli animali – quelli che dalle profondità del metapensiero dove senza tempo né spazio vivono gli dei, l’hanno raggiunta empaticamente sorgendo da epoche sacre a consegnare messaggi da decriptare, comprensibili a chi conosce il cifrario simbolico e si muove tra gli archetipi riconoscendoli nella loro eternità vivi, pulsanti essenza di creato, di multiverso, e capaci di accendere parole in cui riconoscere la sacralità al contempo chiara e oscura, pervasa da “timor sacro” –, vengono incontro a chi è in relazione analogica con la parola, e in generale con l’altro da sé, nei modi per i quali Jacques Bénigne Bossuet, in Elevation à Dieux, scrive «Les anges conversaient avec l’homme, en telle forme que Dieu permettait, et sous la figure des animaux. Eve donc, ne fut point surprise d’entendre parler le serpent». (Gli angeli conversavano con l’uomo, nella forma che Dio consentiva, e sotto l’aspetto degli animali. Eva dunque, non fu affatto sorpresa di sentir parlare il serpente).
Tra gli animali carichi di mito, tra la loro presenza pregna, perturbante, evocatrice, suggeritrice e la poetessa, si stabilisce dunque un rapporto privato, una sorta di appartenenza degli uni all’altra secondo un richiamo, un ascolto e infine una risposta che si materializzano nella parola: esattamente come una irrinunciabile e improrogabile necessità, poiché in essa è l’affermazione dell’essenza della realtà che è sempre oltre il visibile, e dunque metafisica. Francesca Diano compie una restituzione: ricevuto il dono eidetico, assunti in sé i fondamentali eterni, li elabora secondo la parola della poesia, la musica che al contempo le è intrinseca ed estrinseca, e costruisce un’opera sapienziale: l’Axis Mundi, ossia la linea che collega ciò che sta al di qua con ciò che sta al di là dell’immaginale e che nella storia delle religioni e delle mitologie è ravvisabile nell’albero cosmico – ma non solo, poiché anche un animale lo simboleggia, come qui testimoniano i versi de Il Serpente dove espressamente è scritto «Sensuale Signore arrotolato/ Lungo l’asse del mondo/ Quetzalcoatl di piume ornato» – sottaciuto, ma implicito in Bestiario, è attorniato dalle ierofanie degli animali che ci collegano al Cielo, alla Terra e agli Inferi.
Le sedici poesie di Bestiario riconoscono il molteplice che gli animali incarnano a livello intellettuale, la presenza dell’ “animale interno”, l’urgenza e l’importanza psicologica di viverlo e integrarlo, poiché nel piano psichico esso è una figura numinosa, dalla quale è vano fuggire come testimoniano i versi de Il Ragno: come un mantra di grazia aerea, giocosa, dichiarano l’impossibilità di esimersi dal legame con gli archetipi, in particolare il Tempo in cui si è immersi e incombe su ciascuno ineffabile:
Ragna stellata ragna bigotta
Tessi piviali ma soffri di gotta.
Trova l’incauto in mezzo ai tuoi fili
La fine giusta compenso dei vili.
Ragna lenta, ragna paziente
Il tempo lavora e mai non ti mente.
Sei machiavellica, tu non hai fretta
Vince pur sempre chi tempo aspetta.
Ragna bigotta, ragna stellata
Sei un insettino in vesti di fata
Il Tempo è in gran parte il filo conduttore dell’opera: l’autrice sa molto bene che la dimensione eterna è la circolarità sulla quale tutti i momenti inscritti sono congiunti da un innato bisogno di continuità, che la Storia, pur nelle sue incomprensibili sconnessioni o eventi illogici ha corso ineluttabile e che tutto è simbolo e proiezione e che anche gli animali incarnano il dettato simbolico. Ecco dunque che in Bestiario si celebra ciò che Matilde Morrone Mozzi scrive nelle pagine introduttive a Bestiario. Libro degli animali simbolici in C. G. Jung « Nelle mitologie, nei riti, nelle religioni, così come in letteratura e nelle fiabe e nelle leggende, gli animali sono portatori di contenuti che hanno accompagnato l’uomo nel corso della sua storia, formando il massimo sistema simbolico della coscienza umana, dal tempo della preistoria. Da sempre sono stati investiti delle dimensioni affettive, estetiche, poetiche ed oniriche; anche per la psicologia arcaica delle culture di tutto il mondo il divino è in parte animale, e l’animale è in parte divino. (…) Se la nostra vita dipende anche dalla continuità con quanto ci ha preceduto, allora lo sguardo retrospettivo sugli animali ci aiuta a disvelare quelle configurazioni che compaiono ripetutamente e che rimandano a realtà archetipiche », e – in particolare – nei versi de Il Falco dedicati all’assolato mito egizio l’ambiguità delle vicende umane, l’inscindibile compresenza della luce e dell’ombra, la necessaria impossibilità di uscire dalla polarità, poiché questa è tensione propulsiva al superamento di ciò che è immanente.
Dalle sabbie ardenti
Horus Potente per il suo Cuore
Dio falco dalle pietre venerato
Artiglia i secoli roventi.
Cavaliere solerte dell’aria
Anima doppia dell’Inca – Inti
Forte potente nobile bello
Figlio del Sole in forma d’uccello.
Alla tua immagine si riconduce
Colui che dalle tenebre invoca la luce
I versi della prima poesia L’Ape, ma anche i già citati de Il Ragno, si collocano – per la loro sonorità in stretto rapporto con il contenuto simbolico – entro ciò che Elémire Zolla esprime in Le potenze dell’anima. « La catena metaforica del respiro si avverte dunque al suono stesso delle parole, essa vive anche nella loro etimologia. Ed è a questa catena che si connette quell’insieme di movimenti interiori e invisibili dell’uomo il quale costituisce l’anima e l’animo e lo spirito. (…) Oltre a questa catena l’interiorità si può connettere a quella, appunto, di “ciò che sta all’interno” e designarsi come intimità, appunto, o nocciolo, o cuore».
La particolarità dei bestiari, fin dai più antichi, come l’opera greca Physiologus, che degli animali e delle loro caratteristiche dava una interpretazione di ordine simbolico e religioso, testimonia «l’idea che gli animali simbolici stabiliscano un duplice accostamento: l’uno con le nostre radici, aprendo uno spiraglio sulla prospettiva mitica; l’altro con noi stessi, perché essi sono della stessa natura del sogno» (Matilde Morrone Mozzi). A questo carattere composito di presenza accompagnante e onirica, sono dedicati i versi de Il Cane: « Custode dei morti, compagno di veglie», ma tutte le poesie attestano la valenza di animali custodi investiti dal genius ora benefico, ora malefico così che transitiamo nella scena diurna e notturna dove agiscono destino e custode.
Il dettato di Bestiario ha valenza poetica e concettuale sapienziale: gli animali che hanno ispirato come insufflando il loro spirito entro quello della poetessa sono le immagini che popolano la psiche e agiscono nell’anima producendo le azioni che costruiscono la vita e l’acquisizione del sapere nella complessità del volto con cui si mostra il visibile e l’invisibile, la loro coesistenza, come è scritto ne Il Cavallo
Nel mito Poseidon ti diede la vita
E Demetra fu una giumenta screziata.
Re Marco, possente stallone
Galoppava sulla spiaggia iridata.
Cavallo pallido, cavallo nero
Fantasmi voraci e tremendi
Col demone Kelpie la notte tracciate
Archi selvaggi a falcate roventi.
Potente signore che regna la notte
Dall’occhio umido, dal pelo caldo
Simbolo orfico di conoscenza
E di rinascita dal cuore saldo
La bellezza complessa del contenuto, che rivela la natura orfica del mito, lo spettro luminoso dei suoi numerosi corollari è la riva in cui confluiscono le assonanze dell’elegante fattura del verso che nella leggerezza ora aerea, ora terrestre, ora equorea, ora ignea, segue la flessuosità del mondo immaginifico germogliando ritmi e suggestioni capaci di ricordare ora l’invocazione – Lo Scarabeo –, ora la salmodia – La Lumaca, Il Ragno – per cui potremmo ricordare con Ippolito Nievo che «le salmodie sacre con quel loro tenore mesto e solenne hanno sempre commossa l’anima mia», ora l’inno – L’Ape, Il Cane, Il Gallo –, ora il semplice e icastico ritratto en plein air de Il Corvo
A novembre, sui prati secchi
Saltellano torme di corvi
Neri principi dell’inverno
Sotterranei signori torvi.
Demiurghi oscuri della rinascita
Sottili signori dell’aria
Formule alchemiche della materia
Che dal mondo dei morti s’irradia
Adriana Gloria Marigo
Grazie Adriana e Francesca della vostra presenza e dono. Ammiro la grazia della presentazione, il delicato titolo, la ricchezza del contenuto dell’opera presentata. Felice che siate qui con noi.
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Grazie Loredana, lietissima di essere con voi.
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Un profondo grazie ad Adriana Gloria Marigo per questo suo illuminante “Preludio”, in cui ha saputo leggere con grande sensibilità, sapienza ed attenzione dei testi apparentemente semplici ma in realtà molto complessi. E grazie a Limina Mundi e alle sue anime, Deborah e Loredana! Onoratissima di essere qui.
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Grazie a te, Francesca! E’ un piacere averti con noi!
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Grazie Deborah!
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