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Limina Mundi riprende la sua programmazione ordinaria con la pubblicazione di un celebre testo di Eugenio Montale dedicato all’estate e tratto dalla raccolta Ossi di seppia. Il poeta descrive il paesaggio ligure assolato e riarso dal sole durante le ore più calde di un pomeriggio estivo. Gli elementi della natura diventano emblemi della sofferenza e del male di vivere che accomuna tutte le creature: il frusciare delle serpi, il movimento incessante delle formiche, il suono quasi metallico del mare sono tutte espressioni del brancolare privo di senso, dietro le quali si annida prepotentemente il nulla. Lo stesso vivere è come camminare costeggiando un muro invalicabile, che ha in cima “cocci aguzzi di bottiglia”, si mette in evidenza così l’impossibilità di sfiorare e comprendere il vero senso dell’esistenza. Meriggiare è il primo di una lunga serie di infiniti e forme impersonali come “ascoltare” “Osservare”, “andando”, “sentire”, “seguitare” che ricorrono nel componimento, per rappresentare una situazione di desolante staticità. I suoni aspri e secchi della c velare, della s e della r insieme al gruppo gl (“abbaglia”, “meraviglia”, “travaglio”, “muraglia”, “bottiglia”) che ricorrono per tutta la poesia, ricordano le scelte stilistiche dell’Alighieri delle “rime petrose”. L’immagine del muro è qualcosa di invalicabile, più che ad una barriera fisica si fa riferimento ad una condizione metafisica ed esistenziale. La poesia si compone di tre quartine e una strofa conclusiva di cinque versi (di varia misura, dall’endecasillabo al novenario) con rime secondo lo schema: AABB CDCD EEFF GHIGH.

foto di Deborah Mega

 

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

EUGENIO MONTALE, da Ossi di seppia