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Nell’ambito della rubrica “Canto presente” oggi presentiamo la poesia di

MARCELLO BUTTAZZO

A te

ho donato

le mie virtù di sogno

le ansie palpitanti

la carità di suono.

Timorosa

questa luna errante

nascosta dietro coltri che non so.

Trepidante il mio cuore rosso marezzato.

A te

ho donato

le mie incertezze

le stagioni inquiete

e questo sangue imprigionato.

Benigna

questa Natura

assetata di visioni

e d’ebbrezze.

Impaziente

questa vita

che non conosco.

Sulla mia terra

c’è ancora

il tuo nome.

Il cielo

nell’azzurro

infinitamente

l’ama.

*

Tace

il remoto ondeggiare

del tempo. Tace l’amore

e l’anima s’immobilizza

senza preannuncio di battaglia.

È fermo il tempo

sulle sponde

d’un laconico Novembre.

Stagna ogni patimento

rinserrato in una cicatrice

di scorza dura.

Il gattino nero

con passo esitante

mi corre incontro nella stanza.

Conservo ancora

quel tuo maglione,

che profuma di donna.

Tace questo presente.

Tu taci

ma sento le voci.

Ti sento

e vedo il tuo corpo

in una divinazione

di stelle bianche.

 

Tratte da “E l’alba?”(Manni Editori, 2015)

*

Dimmi parole

lievi silenziose sussurrate.

Parole giuste, parole sbagliate.

D’amore e di disamore.

Dimmi parole di rosso fuoco,

ardimento per i giorni cupi.

Parole accennate

appena bisbigliate,

cominciamento di stagioni di sole.

Dimmi parole veraci audaci

per sconfiggere il torpore,

per sbrecciare la noia.

Dammi parole

da masticare

come molliche di pane.

Parole da sfolgorare

come costellazioni di stelle

bellezze fanciulle.

Parole pronunciate

ai margini delle strade,

ai confini del tempo.

Parole confabulanti

che facciano stormire le foglie

e innamorare i passanti.

Dammi parole,

solo parole.

E con esse vento.

 

Tratta da “Origami di Parole (Luca Pensa Editore, 2016)

*

Verrà la primavera

e il tuo viso d’albicocca

indorerà i prati.

Verrà il tempo del susino.

Nella quiete vespertina

misureremo i passi

e leggeremo versi

di Campana, di Toma, di Ruggeri.

Verrà il tempo del ciliegio

d’un trascorso aprile

quando indugeremo gai

senza quest’ansietà nel petto.

Torneranno

le stelle assorte

accese con pudore

nella tua notte

di indocile fanciulla.

Luce

di fulgenti falò,

i tuoi occhi.

Torneranno

i tuoi occhi

spersi negli spazi siderei

a illuminare

le impavide albe lontane.

*

Non parlarmi del tempo,

il tempo è un inganno.

Non dirmi più dell’ebbrezza dell’attimo,

ad ogni inatteso momento di gioia

succede inevitabilmente una stagione di travaglio.

Non mi parlare del tempo,

né di questi assurdi ultimi voli di rondini

che arabescano la piazza paesana.

Non nominarmi più gli anni,

né il giallo arancio del sole

che occiduo se ne va

senza mai più ritornare.

Non misurare più il tempo,

troppi istanti ho speso

a ricucire ferite.

Tu dimmi di te,

del tuo loquace pallore.

Dimmi di te,

del tuo sangue, delle tue vene.

Del tuo cuore

che è porto

di candide e mosse vele

arrese ai ripetuti mormorii

di placide parole.

 

Tratte da “Verranno rondini fanciulle” (I Quaderni del Bardo, 2018)

*

Come perenne cammino

sui viali di rose effimere,

come sospeso destino

sulle strade di incerta rincorsa,

come sogno continuo

di là delle scure nubi.

La vita.

Fragile è la vita.

Perenne agognare

momenti d’effervescenza.

La vita.

Fugace è la vita.

Fuggevole e schiva

come una fanciulla,

caduca come una stagione

di ore morte.

E quindi divina.

La vita.

Questo strepito d’onda

che mai di stupor s’ammorza.

E i giorni trascorrono

piano

fra le braccia

di chi più ci desiderò.

*

Cominciamento del bene,

una piazza d’estate

scossa da un improvviso vento di frescure.

Cominciamento del bene,

i tuoi occhi

neri come more d’ottobre

che io troppo desiderai.

E quel tuo pensiero poderoso

forza dei giorni miei,

quel tuo procedere lentamente

come ore scandite,

perché il tempo è un fanciullo

che odia la sfrontatezza della velocità.

Cominciamento del bene,

il tuo sguardo benevolo sul mondo,

sulle piccole cose della vita.

Cominciamento del giorno,

il tuo cuore

che fa risplendere

i papaveri insanguinati di fine maggio.

 

Tratte da “Nei tuoi arcobaleni…e altre poesie (I Quaderni del Bardo, 2019)