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da un presente infinito con qualche scaglia di confuso passato

 

in limine

Il mio taccuino ha i bordi levigati

come il libello di Catullo netti.

Con cura annoto i versi appena nati

sulla pagina, belli e benedetti.

 

I

Come novizio nell’angusta cella

ogni gesto misuro, ogni respiro.

A tratti sogno, spasimo, deliro.

Scelgo in cielo la più remota stella.

 

II

Dell’inerzia la fredda disciplina

ottunde la memoria ma rinsalda

le sfibrate pareti della falda,

fa più acuta la vista, e i sensi affina.

 

III

Il tempo si è sospeso al suo confine

e più non si affatica a tormentarci.

La clessidra ha deposto. Ma la Fine

non vuole indifferenti sopraffarci.

 

VII

Ondivago e fedele ad ogni riva

sul capriccioso vortice eludevo

ogni approdo; gioiosa e fuggitiva

al largo la mia rotta disperdevo.

 

IX

Si congela il rigore dell’inverno

in vitrea sospensione adamantina.

Nel silenzio incantato ci avvicina

il costante contatto con l’Eterno.

 

XI

Ben chiuse e sigillate le tue porte

che alla speranza sbarrano ogni ingresso –

Reame ti sei fatto di te stesso.

La clausura del cuore è pura Morte.

 

XIII

Del Minotauro immagino la stanza

di pareti fasciata ultrasonore –

Arianna il filo tende, alla distanza

Tèseo avanza nel fitto tenebrore.

 

XV

Trasumanare è l’unica avventura –

annullare del corpo ogni barriera –

del tempo valicare la frontiera .

Questa è dell’Infinito la misura.

 

XVII

“O tu uccidi l’insidia o lei t’uccide”

Ma con l’odioso invisibile tarlo

più saggia strategia sempre ignorarlo.

Il male annienta solo chi lo vide.

 

XIX

Impara la sacralità del rito,

del ritmo che scandisce la giornata,

della luce deserta inanimata

nel fluire di un tempo ormai impietrito.

 

XXI

Moltiplicare i giorni dell’attesa

nella certezza di un’estrema festa.

Eterno si fa il tempo, e l’ardua impresa

si fa leggera. Gioia pura è questa.

 

XXIV

Esaurito ogni palpito, ogni afflato

deposta ogni speranza che ci affanni,

non c’è minaccia di futuri inganni.

Ed è come se nulla fosse stato.

 

XXVII

Tu serbali preziosi nel ricordo

Questi giorni d’amianto e d’ametista

In cui fra Cielo e Terra un mutuo accordo

Fu stabilito – fulgida conquista.

 

XXIX

Così i morti non muoiono, e la vita

Non è quel soffio che si fa respiro.

In un vortice solo, in cieco giro,

Un flusso ininterrotto s’infinita.

 

Bibliografia di Silvio Raffo

 

Silvio Raffo, nato a Roma, vive e insegna a Varese. Traduttore di una dozzina di poeti angloamericani, autore di undici romanzi e più di dieci raccolte di poesia, dirige a Varese il centro di cultura “La Piccola Fenice”. Ha vinto numerosi premi di prestigio, fra cui il Gozzano, il Cardarelli, il Montale e il Valdicomino. Dal suo romanzo La voce della pietra, Elliot Edizioni, 2018 è stato tratto il film omonimo di produzione americana.

Ultime opere: il romanzo Il segreto di Marie-Belle, Elliot Edizioni, 2019 e la silloge poetica La ferita celeste, La Vita Felice, 2019. È autore dell’antologia di poesia italiana del Novecento Muse del disincanto, Castelvecchi, 2019