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Giacomo Balla, Lampada ad arco, 1909, Museum of Modern Art di New York.

1
 
Sera
 
se mi affaccio
 
dal mio primo piano di quarantena
 
riesco a vedere tra le case
 
la superluna di marzo
 
il suo occhio incredulo su di noi
 
la strada silenziosa del coprifuoco
 
i riders soli che consegnano pasti caldi
 
e sfrecciano ignari del suo sguardo.
 
Nelle case ci sono le bocche e le tossi
 
le febbri marzoline e la fame di pizza
 
le rabbie e l’abbaiare dei cani
 
che richiedono di essere pisciati
 
bambini col naso sui vetri
 
e vecchi incollati alle tv.
 
Altri umani non pervenuti
 
non spengono mai la luce azzurrina
 
che li guida nei loro altrove di salvezza
 
dove arriveranno con il ritardo di un minuto
 
senza trovarvi nulla
 
nemmeno il conforto di uno sguardo.
 
 
2
 
sai che non scrivo
 
se non a pagamento
 
ho pagato salato
 
e prima o poi mi caverò
 
le monete dagli occhi
 
per pagarmi il trasporto
 
prenotare il traghetto
 
mi è ancora impossibile
 
malattie indicibili
 
e falsi sintomi
 
si contendono il mio corpo
 
di solito guarisco
 
e rinasco ma non nuovo
 
non nasco, rinnovo il salario
 
il contratto, il rogito il sunto
 
mi muovo in un verso preciso
 
nel verso del detto per inciso.
 
 
3
 
Per i vecchi bisognerebbe
 
ritornare pesci
 
dopo essere stati
 
genitori e nonni degli uomini
 
rifare il cammino
 
riprovare a risalire
 
dopo essere discesi
 
e aver dischiuso le branchie
 
tentato di manomettere
 
i polmoni d’acciaio
 
essersi sacrificati nel silenzio
 
delle loro profondità
 
scavando dopo aver raggiunto il fondo
 
e aver trovato la pepita
 
della loro vita.
 
 
4
 
Così vedo queste sedie vuote
 
pulisco la casa e le conto
 
mia madre segna i posti di ognuno
 
di quelli che mancano.
 
Qui si mette sempre lui,
 
e lì la piccolina con la mamma,
 
sgrana i grani di un rosario di visi.
 
Mi dice che vorrebbe ci fossero tutti
 
sono vivi, me lo ripete molte volte
 
non sono dall’altra parte del mondo
 
oltre oceano o a fare una guerra.
 
I nostri sono così vicini
 
che affacciandoti potresti udirne le risate nelle case
 
a pochi isolati da qui una vita due vite
 
una bambina che arriccia i baffi ai suoi gatti
 
un pianoforte che viene suonato fino a sfinirlo
 
alcune idee di pittura su tela che segnano il passo.
 
E io che non volevo scrivere nessuna poesia
 
su tutto il silenzio che si è impadronito delle strade
 
(nessun dottore me lo avrebbe richiesto)
 
sul nulla, sul vuoto, so che non esiste terapia
 
il presente consiste nel trattenere il respiro
 
il tempo è inconsistente, quasi assente
 
come una mascherina, tessuto non tessuto.
 
 
5
 
Per l’ultima settimana di quarantena
 
vorrei scrivere una poesia al giorno
 
o almeno solo quella che ho in vena
 
purché mi tolga il medico di torno
 
Per l’ultima settimana di quarantena
 
ho in mente uno spettacolo dalla finestra
 
una classica allegra o tetra messa in scena
 
io che mi affaccio e indico a destra
 
e a sinistra una qualche via di fuga
 
un modo per risolvere il dilemma
 
di Achille e la dannata tartaruga
 
prestito di tempo, con una certa flemma.
 
 
6
 
Di tutte le stagioni che ho percorso
 
quella che è appena morta
 
è stata la più bella primavera
 
che non è mai passata
 
che non ha avuto tempo di esser vista
 
di esser visitata in cambio di un fiore o di una foglia
 
di aver trasformato me e gli altri un’altra volta
 
da cosa a cosa in una trasmutazione semplice
 
in desiderio di un futuro complice.
 
L’abbiamo sentita di sfuggita
 
rapida e leggera sfiorarci nelle case
 
stringerci in un abbraccio sconosciuto
 
di quelli che temi essere preludio a un lutto
 
rimanere nel nostro fiato come una nemica
 
alchemica, allegorica, svegliarci e addormentarsi
 
sulle nostre spalle e lasciare un segno
 
un regalo, un simbolo che non è stato familiare.
 
Un frutto avvelenato creato dal laboratorio dell’inverno
 
dove la pioggia che verrà di nuovo a maggio
 
di chissà quale anno del Signore
 
alla fine di una peste che ci ha tutti posseduti nel suo pugno,
 
si distilla in alambicco goccia a goccia.
 
 
7
 
Attirato al balcone dalla luna piena,
 
ieri sera ho visto una gatta bianca
 
gravida e lenta attraversare la strada
 
e il suo compagno sui tetti miagolare al cielo.
 
Mi è sembrata una scena compiuta, pulita
 
piena di un significato che sottintende
 
la vita sul pianeta, e del significante
 
che la osserva procedere inciampare
 
soffrire, rinascere per poi tornare
 
a disilludersi nel ripetere a memoria
 
il giro nel cerchio, la ruota della storia.
 
 
8
 
Colmare le distanze
 
col mare di cazzate
 
che circolano liberamente
 
aprire le danze
 
riempire il cucchiaino
 
per svuotare il mare
 
cercando il vaccino
 
terapia della mente
 
andare per il mare della vita
 
vincere o almeno pareggiare
 
lottando per disfare la matassa
 
naufragando dolce in questa partita
 
 
9
 
Penso a quanti fiori sono nati
 
sui marciapiedi in questi mesi
 
e prima di essere calpestati
 
falciati dalle lame degli addetti
 
al ripristino dei passi di viandanti
 
mascherati, gettano i loro colori
 
sulle vite degli uomini ridiventate
 
di nuovo frettolose.
 
Hanno avuto il tempo
 
di crescere negli angoli
 
tra muri e macchine
 
tra porte e finestre
 
immaginandole nell’attimo necessario
 
considerarle e ricoprirle,
 
come splendide rovine.
 
 
10
 
Il Monitore Afono è il prototipo
 
di ogni futuro e passato profeta inascoltato.
 
Ululatore professionale a lune rosso sangue
 
che si ergono da dietro il monte
 
a predire l’avvenire da sempre inciso
 
nelle scritture di crateri oscuri
 
si sgola a dissuadere gli uomini
 
che dicono di voler vivere la vita cercando
 
la dolcezza della morte nel contatto.
 
Si impunta nell’illudersi che ci sia del bene
 
in fondo ad un respiro non ancora contaminato
 
che l’idea di bello e incorruttibile
 
abbia ancora charme nel brulicare dei germi
 
che si moltiplicano sul nostro passo.
 
Si nutre ancora di pane e di rose
 
col lievito dei sogni e i bocci di speranza
 
trovando solo spine e fatica nella strada.
 
Cosa ci aspettavamo dalla scuola
 
di questo stupido cammino?
 
L’insegnamento di pause, soste, conforti, frescure
 
paradisi irradiati dal pensiero di australopitechi
 
svezzati con le clave e con massacri?
 
Che perda pure del tutto la sua voce quel signore!
 
Che taccia , forse il silenzio che sarà seguito
 
nelle strade deserte delle quarantene
 
avrà più senso nel cadere sulle teste
 
di chi sparuto vive ancora nelle case!
 
 
 
Francesco Tontoli