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Silvio Raffo: Daily Visitor

Due quartine inedite

Breve nota critica La maliosa visitatrice quotidiana

 

 

DAILY VISITOR

 

Non sono più il fanciullo che alla Morte

ogni sguardo negava, ogni pensiero

né il giovane poeta cui una sorte

generosa spianava ogni sentiero.

 

Sono l’ospite ostile alle maliose

sue visite alla soglia della mente

ma la sua ombra insiste in insidiose

movenze ad annunciarsi onnipresente.

 

Fotografia anonima

 

In due quartine la visitatrice quotidiana con  «maliose sue visite», «la sua ombra [che] insiste in insidiose movenze» è scaturigine, dal tenebrore di ciò che genera spavento per l’annullamento della vita, della completezza dell’esistenza, dall’insinuarsi di figure fantasmatiche gravate dei segni della soglia estrema – paradossalmente da quello sgomento – della luce di poesia. Accade, in virtù delle immagini “maliose”, “insidiose”, di quel pensiero dominante che attrae e respinge a somiglianza del numinoso perturbante, l’accensione dell’immaginazione attiva il cui esito, nel poeta, è l’invenzione della parola poetica: nasce il verso, nasce la poesia. La poesia, come in ogni nascita, è un ‘venire alla luce’, un accadere della parola nel fine della luce, al fine della luce: si compie, nella radianza della luce che grazia o attribuisce la giusta postura agli elementi animati e inanimati, il riconoscimento della costanza dell’ineluttabile, la compresenza di vita e morte, la cognizione che la rimozione di quest’ultima è una torsione vitalmente dolorosa e, al contempo, si esplicita la metafora di quella dinamica vita – morte – vita che investe la creatività poetica. Sopraggiunge un’età in cui – annullata la negazione della presenza della morte nel duplice piano semantico del verso «Non sono più il fanciullo che alla Morte /ogni sguardo negava» (la negazione dello sguardo è rivolta tanto al soggetto, quanto all’oggetto dello sguardo rivelando in questo che la relazione con la Nera Signora è inevitabile seppure ricacciata, consegnata a intellettualistica impresenza) – si fa presente, salda, dichiarata l’avvertenza della condizione di “ospite ostile”: il solo rango che nel poeta Silvio Raffo può darsi nei confronti del flusso ineludibile, che non manca di mostrarsi sotto spoglie seduttive, onnipresente ombra persecutoria ne «lo gran mar dell’essere». Il sapere derivante è l’esistenza ubiqua dell’insidia, della soglia mentale quale accesso alla dissoluzione dell’essere fisico e spirituale, nonché della necessaria ostilità quale contrafforte dello stato di “ospite”: colui che gode dell’accoglienza per il tempo concesso del beneficio cui segue la separazione, la sospensione dell’idillio e, di nuovo, la mediazione regolata sul lume della circospezione inevitabile, ciclica.

Adriana Gloria Marigo