Indizi di un dove, Samuele Editore, 2021
Prefazione di Giovanni Fierro
da Indizi di un dove
C’è un tempo per decidere una partenza.
Un’ora è come un distacco
una foglia planata sulla pelle
non ne senti il bordo affilato.
La venatura di clorofilla
corre rossa e lascia segni
su pagine lasciate alle spalle.
La valigia ha ruote di silenzio.
Ho fotografato nelle ossa
frutta selvatica, un battito di campana,
il movimento del gatto,
la pioggia, come orli del mare.
Ho perso un amore reciso
nel vano scale. La morte è banale.
Nel contenitore dei giorni
nemmeno le tue mani.
Anche la rassegnazione è banale.
Un febbraio come tanti
dalla finestra si suppone
l’umido del giorno.
Sotto le coperte un tepore
difficile da abbandonare,
il telefono senza aspettative
di trovare un saluto
come una colazione
preparata a sorpresa.
da L’uomo in giacca e cravatta
L’uomo in giacca e cravatta
ha mani colme di nebbia
e ritagli di vetro, sulla strada
cammina schivo dall’altro.
L’uomo vestito di cartone
ha mani piene di scarti
e negli occhi una rosa.
Qualche volta
l’uomo in giacca e cravatta
si veste di cartone
ma non è la stessa cosa.
L’uomo con la giacca blu
del diplomatico vissuto all’estero
porta sempre la camicia
e relazioni abbandonate.
Vive solo.
Solo per bilanciare le assenze
compra scatole di cibo
per i gatti di passaggio
in cerca di carezze.
- Come hai scoperto la passione per la scrittura, in particolare per la poesia? Come hai coltivato quest’ultima?
La poesia abitava dentro di me già forse prima di nascere. Dentro mia madre ho assaporato la musica della ribellione, pacata, quasi silenziosa, eretica con amore. Ho scoperto la passione per la poesia sentendola nei polsi, come seta che li stringe e alla quale potevo affidarmi. Non mi sono accorta del come e del quando, mi ci sono trovata immersa, a scuola leggendo autori proposti dal programma e poi cercando fuori dalle mura, cercando i libri “proibiti” che la scuola lasciava in disparte. Libri sull’esistenzialismo quali La nausea e poi i poeti maledetti, la poesia d’amore, quella erotica, la poesia travolgente o quella profondamente malinconica. Cercavo autori che mi dessero una visione ampia e universale, cercavo il senso della vita. E poi scattava l’impulso di scrivere, di mettere sulla carta le emozioni. Giovanissima, adolescente, iniziavo a cercare me stessa nella scrittura emulando i miei autori preferiti.
- Quali sono gli autori italiani o stranieri che hanno avuto un ascendente sulla tua scrittura o che avverti prossimi al tuo modo di vedere la vita, l’arte? C’è un poeta che consideri tuo mentore?
Un mentore? Ungaretti, che uomo! Mi conquistava quel suo dolore sereno, le parole ridotte all’osso, la sua voce che raccontava l’Odissea in televisione. Poi Neruda e Prevert e Sengor entrarono nelle mie vene, nel tempo dell’amore adolescente. Vivevo le mie emozioni dentro quei versi, mi perdevo nella musica dei versi di Leopardi, nella sua tristezza. In seguito ho scoperto Inniò di Pierluigi Cappello: come lui sentivo il mio «in nessun dove», poi mi sono trovata a leggere e rileggere David Maria Turoldo le sue Mie notti, le sette notti dove torturarmi con l’autore nel suo dialogare con Qohelet. Importante la recente riscoperta di P. P. Pasolini: la sua visione profetica del mondo mi ha sconvolta, proprio adesso che il mondo sta franando come lui aveva già visto. L’arte nelle varie forme, pittura, architettura, antica e modernissima, moda, materiali, tessuti stoffe e passamanerie, cucite, incollate e reinventate e poi le installazioni nella natura, assemblaggi di musica tecnologica e immagini, fotografia, film, rappresentazioni di ritrovamenti in un immaginario post umano: tutto mi sorprende osservando la vastità del modo di esprimersi dell’uomo, sempre.
- Quale valore ha per te la poesia, in particolare oggi, che sembra orfana di maestri e, per le numerose voci, informe e frammentata?
Oggi
La poesia che vorrei
scrivere non ha senso
un vocabolario obsoleto
una voce piegata
al silenzio ci si abitua.
C’è un oggi che inizia nel marzo 2020, qualcosa che non voglio nominare, un nome che potrebbe essere riconosciuto dagli algoritmi, è entrato come un cugno metallico a separare il tempo, quello che c’era prima, a.C, e quello del dopo d.C., dove “C” non sta per Cristo. Quello che prima aveva valore adesso non ha senso. Non ha senso la speranza, il progetto, il sogno: dopo di “lui” cosa posso dire? Quando gli uomini non poterono parlare ritornarono ai campi e le donne al focolare. Poesia orfana, concordo: sono pochissimi i poeti, i letterati o gli artisti che, vedendo, se lo vedono, questo momento, che abbiano il coraggio di parlarne. Tanti autori, di tanto o poco valore, che nel loro frammentarsi si ritrovano tutti assieme dentro una nuova corrente di pensiero, l’evitamento di espressione nella finzione che tutto vada bene così com’è, adeguandosi e chinando il capo a proposte di vita disumanizzata. Lo spettacolo continua. Resta il fare, il mio adesso è trovare la poesia nella natura, nei paesaggi, nel silenzio, ritrovarmi in cucina a inventare ricette rispettose del tempo, abbinando i colori dei cereali e delle verdure, nell’armonia dei gusti, sperimentando. Mi danno pace. Vedere è diventato troppo. Adesso cerco di ascoltare, chetare il germe del giudizio. Scrivo poco, adesso, come un mettermi da parte, sono alla ricerca di nuove parole che esprimano il proseguo del mio cammino. Si trovano i segnali della mia trasformazione in alcuni versi nella raccolta Indizi di un dove, Samuele Editore, 2021.
L’uomo col vestito chiaro
della primavera segna la fine
del Calvario…
…Trova un segno, un desiderio ardente,
una nuova attesa, come nell’intaglio
asfaltato semi di clorofilla.
- Come nasce la tua ispirazione? Ci sono momenti del giorno privilegiati? Attribuisci importanza alla componente autobiografica e al rapporto con i luoghi dove sei nata o in cui vivi e quanto “entrano” nell’opera?
L’ispirazione nasce dall’osservazione del vivere, cercando di raccontare le mie emozioni, le situazioni del vivere quotidiano delle persone che vedo attorno, raccontare la vita. I momenti per scrivere non hanno un tempo: a volte è la notte con la sua magia: mi tiene sveglia a scrivere mentre tutto attorno è come un incanto silente. Altre volte l’ispirazione nasce mentre cammino o lavoro e questo mi obbliga a fermarmi ad annotare quel qualcosa. Il titolo Indizi di un dove suggerisce l’idea del luogo, i miei numerosi dove; sono vissuta in tanti paesi, una serie di traslochi che non ho nominato eppure sono presenti. Hanno plasmato il mio modo di essere e di pensare di ritrovarmi straniera in ogni luogo e allo stesso tempo non estranea all’Altro: “l’Altro” è come me, crolla quindi ogni giudizio, il confine tra gli altri e me è poroso, non è un muro. Le radici si sono moltiplicate, non ne ho una sola e questo, se in un certo modo mi ha fatta sentire “in nessun dove” mi ha benevolmente abituata ad allargare la prospettiva della visione della vita.
- In quale contesto emotivo è nato Indizi di un dove?
Ad un certo punto doveva nascere, esporsi. Ė nata perché era giunto il momento, con il sostegno fiducioso di persone amiche ho capito che potevo aprire le mie pagine al pubblico.
- In che misura gli incontri con altri autori e intellettuali hanno influito nella tua evoluzione poetica?
Ho incontrato autori locali che mi hanno insegnato molto; ho seguito laboratori molto utili, mi hanno fatto comprendere soprattutto l’importanza di ripulire i testi, di rallentare il ritmo nella lettura per meglio assaporarne il significato. Nella prefazione di Giovanni Fierro e nella presentazione della redattrice del libro, Elisabetta Zambon, poi con altri autori con cui mi sono confrontata, ho scoperto che, oltre al contenuto che intendevo esporre se ne trovavano altri: è l’inconscio che parla a mia insaputa. Con stupore mi riscopro attraverso la lettura degli altri.
- Sappiamo quanto la copertina e il titolo rappresentino, in certo senso, la soglia del libro: come sono nati per il tuo libro quegli elementi così carichi di suggestione?
Ho pensato questo titolo perché suggerisce una ricerca, il mistero del luogo, come voler stuzzicare la curiosità nella ricerca del significato. L’immagine è una mia bozza, un esperimento di pittura, colori intensi rosso e argento, la passione indomita e il femminile della luna argentea, rappresenta il cancello dietro il quale sono in attesa: un cancello, la soglia come spazio di apertura, uno sconfinamento anziché una chiusura.
- A quale pubblico pensi sia rivolto Indizi di un dove?
Credo sia rivolto a chi ha già percorso un bel tratto di strada nella vita, ad un pubblico maturo, a chi si riconosce nella nostalgia o a chi desidera una spinta al cambiamento, a migliorare la propria vita a non abbandonarsi all’abitudine che spegne i sogni e l’anima.
- In che modo stai facendo conoscere il tuo libro?
Presentandomi al pubblico di persona, raccontandomi. Avrei voluto proporlo alle biblioteche dei luoghi dove ho abitato per confrontarmi con gli autori locali. Poi tutto si è fermato, il famoso d.C. Non ho voluto accettare o fare discriminazioni. Verranno tempi migliori, forse.
- Qual è il passo della tua silloge che ritieni più riuscito o a cui sei più legata e perché?
“Fammi un sorriso di circostanza
è meglio non andare a fondo
sul dolore accumulato
si cammina sopra
le situazioni andate a male
da conservare sotto vetro
che non si senta l’odore
del mare che ci porta via
da questa laguna spenta.”
- Che cosa ti attendi da Indizi di un dove?
Cosa ci si può attendere adesso, in un adesso che si prolunga oltre l’inverosimile? Di riappacificarmi con le persone care, di imparare a non attendere, di un risveglio dell’umanità? O forse solo di lasciar andare…
- Quali sono i tuoi progetti letterari futuri? Stai già lavorando a una nuova opera e di che tratta? Puoi rivelarci qualcosa?
Sto mettendo da parte contenuti nuovi che tento di scrivere in una nuova forma. Ancora prematura ogni rivelazione. Sono in fermentazione, occorre il tempo giusto per la maturazione delle parole.
NOTA BIOBIBLIOGRAFICA
Giorgia Vecchies nasce a San Giorgio della Richinvelda il 22 aprile 1954. Negli anni partecipa a diversi laboratori di lettura e scrittura e a vari incontri letterari. Tra cui con il Gruppo Majakovskij, Claudio Moras, Dario Marini, Martina Boldarin, e quelli proposti da Samuele Editore. Nell’agosto del 2014 partecipa al Festival dell’Arte di Grado vincendo il primo premio. La sua opera prima è Indizi di un dove, Samuele Editore, 2021.
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