Con Lettere Flavio Almerighi aggiunge un altro importante tassello alla sua produzione poetica. La raccolta, suddivisa in quattro sezioni, si presenta come una corrispondenza epistolare senza un preciso destinatario, un monologo per tutti e per nessuno, nel quale ogni lettore può riconoscere qualcosa di sé. La scrittura poetica di Almerighi è un arco che si flette in direzioni infinite, sempre riuscendo a centrare il bersaglio, ora con frecce appuntite di ironia, ora con amarezza o polemica verso un modus vivendi in cui non si riconosce, infine con lo sguardo amorevole verso gli affetti personali e con l’abbraccio dettato dall’umana pietas. Una cifra stilistica, quella di Flavio Almerighi, che sopravanza ogni stilema avanguardistico, pur avendone introiettato la lezione, e che ricusa la sovrabbondanza sentimentale conservandone il valore intrinseco. Nel corpo dei testi rinveniamo la durezza della condizione esistenziale (Messo al mondo, legato, in prova) e la tenerezza dell’affetto taciuto (ti sia lieve la mia lettera/lanciata alta/assieme a un bacio); l’indignazione per la carica di odio razziale (Voi che siete uomini,/sporchi dentro e sporchi fuori,/uccidete i Cananei…ma siate civili,/caricateli su barche/senza remo né vela/e vengano dispersi in mare) e l’amore come male benefico (è sequenza di metastasi benigne/e anticorpi a renderle felici). La lingua poetica di Almerighi ha toni alti, modulate in forma lirico-colloquiale le sue lettere sapranno trovare la destinazione giusta.
Anna Maria Bonfiglio
Lettera per i diciott’anni
Piccola cara che non trovo,
ora sei scappata e dici
credi che non capisca?
Io indocile a chiederti
di finire il pranzo,
mi ostino a compilare
l’album della tua vita.
Sono troppo piccolo
per capire,
un po’ come quando si andava
da Gatteo a Villamarina.
Cercavo felicità
in molti libri
intonsi e a buon prezzo,
ora uomo e vela
affronto ogni colpo di vento.
Pochi metri vicina,
ora distante, penserai forse
che per i tuoi diciott’anni
non è andata così male.
Lettera
Ora tocca a te comprendere
l’estate sconosciuta
senza tradizioni di famiglia.
Candela flessibile
consumata sotto l’altare
di chi non crede,
carne e stoppino, là
dove spiaggiano desideri.
Dimmi tu di te,
quali siano le tue rondini
come mai sono già partite,
quanto ti spaventa e meraviglia
se un cane
vuole leccarti la mano.
Io sto qui
a cercare e vendere,
ho tutto sott’occhio
quando non precipito,
ti sia lieve la mia lettera
lanciata alta
assieme a un bacio.
Violaine
La vecchia barattava la pensione sociale
per un po’ d’aria,
non le importava il resto:
mangerò domani, ripeteva.
Altri tre baci e saranno quattromila.
C’era una radio accesa,
serviva un po’ di tempo per sentirla
per quelle valvole mai calde.
La musica partiva, scordavamo l’attesa
e il risalire di silenziose maree.
C’era un cielo dapprima sereno,
qualche nuvola innocente lo macchiava.
La pioggia,
così a lungo invocata,
declinava l’invito.
Una pazienza infinita,
storie da raccontare, prima,
durante e dopo il passaggio del fiume.
Il passato prendeva per mano il futuro
ogni giorno.
Uccidete i Cananei
Voi che siete uomini,
sporchi dentro e sporchi fuori,
uccidete i Cananei,
mangiatene figli e spose,
lasciate i feriti a terra,
muoiano poco per volta
divorati dagli uccelli:
uccidete quei senza dio,
uccidete i sacrifici umani
le biblioteche.
Uccideteli.
Hanno nuche tenere.
Date alla terra il loro latte,
il loro sangue nero
non importa l’età,
nascono e muoiono
col marchio d’infamia,
spargete sale sulle loro città,
vuotatele di ogni bene,
se necessario lasciate superstiti,
ma siate civili,
caricateli su barche
senza remo né vela
e vengano dispersi in mare,
a voi, signorine, ripeto,
investite il ricavato
in nuove armi per ripartire
un’altra crociata
Abbiate cura di voi,
dei vostri figli e della Legge.
Non trascurate di nascondere
quanto possa restarvi in tasca
in caso il diluvio
bussi alle vostre porte.
Vi diranno usurai,
mangiatori di carne umana.
Tutti ricorderanno Shylock
nessuno Gesù Cristo.
La Moldava
quel giorno di aprile,
dalla rovina sopravvissuti a stento,
bambini finalmente liberi
scendemmo in strada,
non c’erano tripudio e parate,
il tempo ci avrebbe rotto le mani
inspiegabilmente da lontano una musica
arrivò, infinitamente bella e nuova
dopo tanto tempo di macchine per cucire
sirene e rifugi
ci avvicinammo a una radio accesa,
col cuore commosso e niente altro
ascoltammo La Moldava
altre ombre
perduta da tempo
quel giorno tornò la neve,
stesso fruscio d’organza,
qualcosa fuggì
al normale raggiro
della ragione
come sussulto
a valle
mille anni dopo
luci accese
palazzine
pensiline
accartocciato sul cuore,
lo stesso foglio
dona alla luce altre ombre
fino a quando resteranno
confitti a terra
soltanto pensieri
dato un fruscio
la lettera s’imbuca,
il calamaio nero
rovesciato su preziosi amori,
cancella ogni coscienza
il cui principio è silenzio
Testi tratti da Lettere di Flavio Almerighi, Ed.Macabor, 2021.
È un piacere ospitarti Flavio. E grazie ad Annamaria Bonfiglio che ci dà notizia e commento di questa nuova creatura in poesia.
"Mi piace""Mi piace"
L’ha ripubblicato su almerighie ha commentato:
Un’interessante recensione di Lettere con poesie scelte da Anna Maria Bonfiglio.
"Mi piace""Mi piace"
Ringrazio di cuore
"Mi piace"Piace a 1 persona