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Nell’ambito della rubrica “Canto presente” oggi presentiamo la poesia di

Adriana Gloria Marigo

Poesie scelte    

 

da   Un biancore lontano, LietoColle, 2009

 

*

Tu non hai memoria dell’infinito

al mio sorriderti nella sera d’aprile

alta su Treviso, dopo lo stupore del temporale

che sorprese lo sfarfallio del nostro pensiero.

 

Neppure ricordi la luce intrepida sull’erba

vibrante il fresco dell’acqua generosa,

i petali volati lontani dal fiore,

gli umidi balsami nell’aria, di nuovo azzurra.

 

 

*

Trascorsi stagioni in terra di nessuno –

landa vasta, senza orizzonte

al plausibile, al gioco ermeneutico

o al magico conto che serve

il viaggio fenicio.

 

Il tempo trascorse dalla terra

per verticale di linfe

e nel punto di fuga iniziò – alla prospettiva –

l’evento creatore.

 

 

da   L’essenziale curvatura del cielo, La Vita Felice, 2012

 

*

Attesi l’estate per l’esultanza

della luce, la benedizione

dell’ombra, quando lo zenit

è acceso e tutta l’aria

è ambizione della sera

l’intesa di un intrico

verde pulsato di bianco.

 

Venne invece la distrazione

del prodigio, l’orbita rovesciata

nella gravità dei corpi, l’urto

scomposto alla letizia.

 

 

*

S’inclusero le tue parole

in una perla d’aria

– memoria tenue d’universi –

mentre io sgranavo giorni

nei miei occhi di ninfa

mi feci vertigine d’ala

intesi l’ammanco originale

la tua nascita sotto un graffio di vento.

 

 

da   Senza il mio nome, Campanotto Editore, 2015

 

Amor coeli

Sovrastati dal suono della luce

non ci trattengono basse correnti

dove motteggia sempre vero

il tonfo della specie

bassura transitiva di minimo

non accettabile all’inquieto

malleolo in danza.

 

E s’avvera l’azzurro teso

Stando in maestà la luna

di notte viene un vento raro

ad avvolgersi selvatico

sugli alberi spersi nella brughiera

a sconfinare stelle fino in terra.

 

E s’avvera l’azzurro teso,

la sua pagina infinita.

 

 

 

da   Astro immemore, Prometheus, 2020

 

*

Basterà l’aria levantina

selvatica e scarna di oggi

sull’iperbole stesa del prato

 

il cielo di nubi zoomorfo

a specchiare l’incerta

profusione vegetale

 

imprimere cesura al frusto

mentre ad agresti lunari

ascendono canti alati.

 

 

*

Obbediente alla congiura dei miti celesti

dalle geometrie sassose oltre il lago

irrompe con lama tagliente

il ventoso sterminatore di foglie

piegate alla confisca dei neutrini di luce,

impone tra la dura trama grigia

spore di cielo, notazioni somiglianti

a suoni su pentagramma.