
Piet Mondrian, Composition with large red plane, yellow, black, grey and blue (1921)
La poesia è anche incontro, una geometria di rette a volte parallele, altre volte perpendicolari. Similmente al quadro di Mondrian un reticolato vivo e riccamente colorato. Nell’ambito della rubrica Versi Trasversali, presentiamo la poesia di …
ALESSANDRO BARBATO
Senza dirlo è più difficile
convincerti che non finisce il vuoto
dove inizia l’orizzonte, non c’è
mica per davvero un altro
modo per colmare la lacuna,
i punti morti del pensiero,
se non darsi al tuo silenzio
e ai miei timori fino in fondo,
senza spingere sul freno
né cercare dilazioni.
Ché impreciso è il nostro viaggio
e siamo a corto anche di fiato,
ma non serve più contare quanti
passi ci rimangono a scaldarci
in ogni notte che divide i nostri
giorni. No, non serve ribellarsi,
scalpitare al vuoto o al pieno:
questo è il gioco a cui giochiamo
e non è colpa di nessuno.
Vuoti a rendere
2.
Siamo arrivati qui dove si perdono
le mani e il vento è un’ombra che accompagna
a casa sagome di noia.Vendi
o lascia quel che resta senza piangere
né sconti, troverai qualche amatore
disposto forse a ripianare il debito
di ossigeno che prende a certe quote
offrendo in cambio dei rimorsi un altro
errore da cullare. Sarà maggio
anche quest’anno e avremo ancora fiori
teneri nei vasi, e questo identico
presagio di qualcosa che non torna
dentro gli occhi, non resta nella rete,
se provi a tirar somme dalla sete.
Per sommi capi (siamo arrivati qui dove si perdono)
3.
Ho ancora il tuo orologio stretto al polso:
sussurra giorni duri di mattine
schiuse al vuoto. Se batte la lancetta
dei secondi sopra gli anni tuoi
lasciati come mancia per le estati
che saranno, mi sforzo di incontrare
il tuo passare tra i miraggi
di stagione e a dare un cenno
ai desideri presi a morsi
dai tuoi occhi che si chiudono.
E peso è questa voglia di sospendere
i minuti, di trovarti senza
tempo nei riflessi e nei gorgheggi
della Terra. Un peso che mi tiene
qui ancorato alle parole
della voce tua che tace
e mi sorride da lontano.
Sala pesi (Le estati che saranno)
4.
L’odore d’un camino all’alba spento
ricorda i fuochi fatui delle sere
cominciate tra i tuoi vicoli
di carta ad azzeccare d’ogni sogno
l’aritmetica e il profilo.
Si mischia al gelo lucido sui prati
preparati dall’inverno a scomparire
per rinascere tra nebbie
e canti languidi di nostalgie
insegnate dall’attesa.
E tu che cosa aspetti mentre scappi
coi tuoi occhi più lontano di ogni eco
verso aurore a me proibite?
La voce di quei fuochi ammutoliti,
forse un battito di ciglia.
Memorie di una sera, una mattina
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