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Succede raramente che un film mi conquisti e mi tenga avvinta per tutta la sua durata. Con Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin), scritto e diretto da Martin McDonagh, uscito nelle sale cinematografiche il 7 febbraio scorso, è successo. È una commedia tragica, candidata a diversi Premi Oscar, è stata premiata al Festival di Venezia e ha vinto 8 Golden Globes e 4 BAFTA e penso che il numero dei riconoscimenti sia destinato ad aumentare.

Il cast è composto da Colin Farrell, Brendan Gleeson, Kerry Condon, Barry Keoghan; l’interpretazione dei due protagonisti è magistrale e assolutamente convincente. Nessun uomo è unisola, completo in se stesso” scriveva John Donne, questa la citazione che mi veniva in mente mentre scorrevano le immagini delle lunghe distese irlandesi delle isole di Inishmore e Achill. Pensavo anche che per nessun motivo trascorrerei più di una settimana di vacanza in luoghi così isolati dal resto del mondo se pur dall’innegabile fascino. Non oso pensare a come sia ostile l’inverno da quelle parti. L’architettura narrativa de Gli Spiriti dell’Isola dimostra tutta la grandezza drammaturgica di McDonagh nello scrivere storie costellate di simboli e metafore in cui il grottesco è destinato a diventare tragedia ed è evidente come nel teatro di Beckett il non-sense delle azioni. La storia de Gli Spiriti dell’Isola nasce un ventennio fa, come terzo episodio di diversi spettacoli teatrali di McDonagh.

(Spoiler Alert) 

La vicenda è ambientata sulla costa occidentale dell’Irlanda nell’immaginaria isola di Inisherin, ai tempi della guerra civile del 1923. Pádraic Súilleabháin e Colm Doherty, interpretati rispettivamente da Colin Farrell e Brendan Gleeson, sono amici da una vita e s’incontrano ogni giorno alle due del pomeriggio per bere qualche birra al pub e scambiare le solite chiacchiere. Un giorno, però, Colm non apre la porta di casa all’amico e, costretto a fornire una spiegazione, afferma di non voler trascorrere un minuto di più in sua compagnia perché lo ritiene limitato e noioso. L’inspiegabile rifiuto e allontanamento spinge Pa’draic a cercare sostegno e conforto nella sorella Siobhan (Kerry Condon) e poi nel parroco dell’isola affinchè parlino a Colm e lo convincano a riavvicinarsi a lui. Colm, sempre più insofferente e desideroso di dedicarsi esclusivamente alla musica del suo violino e alla composizione di ballate folk che gli sopravvivano, citando addirittura Mozart, minaccia di tagliarsi le dita della mano sinistra se Pa’draic continuasse a non lasciarlo in pace, anche se questo gli avrebbe impedito di suonare. A nulla vale il ragionamento di Pa’draic sul fatto che anche la gentilezza possa lasciare un segno del passaggio di un uomo sui posteri. Gli altri (pochissimi) abitanti del villaggio che percorrono i sentieri e le distese erbose, controllati solo da una statua della Madonna e da un’anziana che fuma la pipa, assistono impotenti e incuriositi al disgregarsi del rapporto tra i due, mentre è tangibile la solitudine di ciascuno. Perfino gli animali entrano in casa per sentirsi meno soli. La vita scorre monotona e asfissiante in attesa della morte, tanto che qualsiasi notizia fresca di giornata, quella che chiede la signora O’Riordan nel suo emporio a tutti gli avventori, può fare la differenza e rendere meno insignificante la vita. Pa’draic, incapace di accettare il distacco dell’amico, continua a insistere e a ripresentarsi alla sua porta. Neanche quando questi dimostra di fare sul serio rendendo manifesta la sua follia e lanciandogli sulla porta di casa le proprie dita dopo essersi automutilato, smette di cercarlo. Siobhan, unica figura femminile di spessore, dedita alla lettura oltre alle faccende domestiche, decide di partire per la terraferma e il suo è un gesto salvifico, necessario per la sua stessa sopravvivenza. L’allontanamento dei due amici si propaga fino a investire l’intera comunità innescando un’escalation di atrocità fino alla morte di due vittime innocenti: l’asinella Jenny, unica compagnia di Pa’draic, dopo la partenza per la terraferma di Siobhan, muore per aver tentato di mangiare un dito di Colm e questo dispiacere spinge Pa’draic a vendicarsi dando fuoco alla casa dell’amico dopo averlo avvisato ma avergli intimato di restare in casa e di assicurarsi che il cane restasse fuori. Dominic, interpretato da Barry Keoghan, ragazzo semplice figlio del poliziotto del luogo, non riesce a fuggire da una realtà abusante e viene ritrovato annegato in una gora. Nell’isola intanto si attende la fine della guerra civile mentre Pa’draic continua a parlare sulla spiaggia, allo spirito (?) del suo amico Colm che lo ringrazia del fatto di prendersi cura del suo cane. Il film attraverso il richiamo alla guerra civile e il tema della separazione dei due amici dimostra l’inconsistenza e l’illogicità dei motivi alla base di lotte dolorose che ogni giorno si conducono in diverse parti del mondo.

© Deborah Mega