Deve essere stato un segnale radio
trasmesso dal ventre dei monti
che ha contaminato
le tue aulentissime folate
di vento fiorile
trasformandole in lampi di morte.
Hai raccolto le saette cariche dell’elettricità
di un intero inverno.
Hai reso questa primavera etrusca
di verde pastello e rosa acquarello
un cupo delirio di nuvole
temperate nell’acciaio.
Hai impartito una severa lezione
all’albero di Giuda
cresciuto a bella posta nelle curve a gomito
per abbagliare autisti stupiti e maldestri,
e sprecare petali con le luminose braccia
color fuxia
affrontando il giudizio divino
e la rassegnazione di chi è votato
al tradimento.
Hai fatto virare le gocce di pioggia primaverile
in grandine sulfurea che fuma sui parabrezza.
E tutto questo solo per colpirmi?
Per ferirmi?
Per raggelarmi?
Per raggirarmi?
Per farmi ascoltare il rantolo dei boschi
che piegano la loro giovane tenerezza
ai venti maestri?
Aprile che hai versato oro fuso
sul corpo vivo delle gobbe delle tue colline
facendo ondeggiare il loro caravanserraglio
di vitigni, olivi e bed & breakfast
trasformando le pecore dei pascoli ancestrali
in vigogne e alpaca neri come il catrame
per evocare un fantastico Perù
e masticare merendine e coca
a beneficio esclusivo del turista
e della sua prole turistica
a beneficio dei popoli dei tik tok
che battono i loro tempi lunari e dispari
esibendosi come entità del nulla
come fragili nullità del tutto
a beneficio dei promotori di grandi
e piccoli tour.
Aprile scanzonato
che uccidi con la pioggia
e ricopri il mondo ridendo
con la tua neve aprilante.
Che penetri nei sogni degli amanti
con tutte le scuse possibili
e fiori dai colori impossibili.
Che dai la parola ai taciturni rii
facendo precipitare a valle
acque assassine dal sapore di rivalsa
e dall’odore acre di terra devastata.
Aprile che perdi l’innocenza
svelando i volti delle tue divinità ctonie e nefaste.
Aprile che chiudi le porte alle speranze
e le apri ai disincanti con risposte luccicanti.
Possiamo attraversare di nuovo
le torride estati venusiane
dopo aver annusato l’aria della tua torba
che produce fiori meravigliosi che suonano fatali?
Cadere nel tranello della tua bellezza,
questo ci spetta e ci avanza.
E possiamo farlo comodamente
fermandoci ad ammirare il male
mentre ci scorre tra le dita
al tatto di un cappotto di fibra sconosciuta
cui è allegato il cartellino di una qualità selezionata.
Cerchiamo l’autenticità come un pane caldo
che abbiamo perduto nei ricordi dell’infanzia
Rincorrere la primavera si può fare
l’aereo ci aiuta a programmare il viaggio.
Vorremmo avere il biglietto per Sidney
per ottobre, o goderci la grande fioritura
degli infiniti altopiani sudafricani
o quella dei deserti sudamericani.
E in tale giramondo scrivere poesie
ed esser piuttosto languidi, ammiccare.
Riscrivere le poesie si potrebbe
cartoline poetiche da Sharm El Sheik
o essere pensionati in Florida
e ribadire un semplice
“tutto questo è mio”.
……..
……..
Francesco Tontoli
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