
L’invito è stato rivolto da me a Marina Raccanelli che l’ha interpretato come segue.
Grazie infinite a Marina e grazie a chi si è fermato a leggere.
Per la maggior parte della mia vita, la letteratura è stata romanzi da leggere e poesie da assaporare (o con cui annoiarsi, a seconda dei casi), con qualche vago tentativo di emulazione adolescenziale per quanto riguarda i versi.
Più tardi, quando la vita mi ha presentato il conto e mi sono scontrata con situazioni per me difficili o impossibili da superare, o perlomeno accettare, ho incontrato per mia fortuna lo sfogo della scrittura. Ed ho riempito diari su diari, quadernetti squinternati fitti di parole torrenziali…a poco a poco, la corrente è diventata meno impetuosa ed ha rallentato, le mie parole si sono messe, spesso senza la partecipazione della mia consapevolezza razionale, in un ordine tendenzialmente “poetico”.
Mi sono spuntate dalla mente, dalla mano, dalla tastiera, frasi sintetiche, immagini, musiche silenziose.
Mi piaceva, questo cambiamento: uscivo dal mio io aggrovigliato per diventare pagina bianca e nera. Più bianca che nera. Questo mi dava sollievo, era una fatica diversa, che poteva risolversi in una sorta di sublimazione, a volte quasi in divertimento. Accumulavo pagine su pagine e imparavo il gioco. Ma questa sfumatura un po’ superficiale, che mi portava a scrivere in modo spesso un po’ criptico, con divagazioni e collegamenti inessenziali, l’ho poi superata, almeno credo – anche se solo in parte, dopo le esperienze di vita dei miei ultimi decenni. Continua a leggere
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