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LIMINA MUNDI

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LIMINA MUNDI

Archivi tag: Narrativa

Mi limitavo ad amare te

02 giovedì Mar 2023

Posted by Antonella Pizzo in Consigli e percorsi di lettura, LETTERATURA, NarЯrativa, Recensioni

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Tag

Antonella Pizzo, Narrativa, romanzo, Rosella Postorino

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Il nuovo romanzo di Rosella Postorino, Mi limitavo ad amare te, edito da Feltrinelli nel 2023 p.352, proposto per il Premio Strega 2023 da Nicola Lagioia, è un romanzo ispirato a vicende realmente accadute, così come il precedente e bellissimo Le assaggiatrici  ambientato in Germania durante la seconda guerra mondiale, che trae ispirazione dal racconto di Margot Wölk la quale a 96 anni confessò di essere stata una delle assaggiatrici del cibo di Hitler nella caserma di Karusendorf. Le assaggiatrici edito nel 2018 da Feltrinelli ha venduto, fra l’Italia e l’estero, 300.000 mila copie e ha vinto il Premio Campiello 2018.
Le vicende narrate dal romanzo Mi limitavo ad amare te partono da Sarajevo durante il conflitto della Bosnia – Erzegovina degli anni ‘90. Il racconto inizia nel 1992 e prosegue fino al 2011, durante una guerra combattuta vicino casa nostra ma che forse buona parte degli italiani ha vissuto con un certo distacco, come se gli orrori accadessero  lontano anni luce da noi e non nell’altra sponda dell’Adriatico. I protagonisti del romanzo, Omar, Senadin, Ivo, Danilo e Nada, non sono realmente esistiti ma le loro vicende romanzate sono alquanto verosimili. Nel 1992 Sarajevo era stata posta sotto assedio e veniva bombardata da mesi, mancavano luce, acqua e cibo. Gli educatori e i responsabili dell’orfanotrofio  Ljubica Ivezić dopo lo scoppio di una bomba nell’istituto, che aveva causato il ferimento di due bambini, decisero che i minori ospitati venissero portati in salvo in Italia. Così gli orfani e bambini disagiati, che vivevano nella struttura, furono fatti salire su un pullman per Spalato per essere condotti in un luogo sicuro lontano dalla guerra. Da Spalato furono trasferiti in aereo a Milano e quindi divisi fra Rimini e Monza per trascorrervi le vacanze estive. Continua a leggere →

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Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi

09 giovedì Feb 2023

Posted by Antonella Pizzo in Consigli e percorsi di lettura, LETTERATURA, NarЯrativa, Recensioni

≈ 5 commenti

Tag

Antonella Pizzo, ferroviedelmessico, Gianmarcogriffi, Narrativa

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Gian Marco Griffi è nato in Piemonte  e ha studiato filosofia all’Università di Torino. Ha  pubblicato Più segreti degli angeli sono i suicidi (bookabook, 2017) e Inciampi (Arkadia, 2019).

Ferrovie del Messico è il suo nuovo romanzo, edito nel 2022 da Laurana Editore con le illustrazioni di Silvia Perosino e la post-fazione di Marco Drago, inserito nella collana Fremen diretta da Giulio Mozzi, il quale ha speso molte energie  per la promozione nei social, nonché per la distribuzione del romanzo nelle librerie nelle quali mancava. Mozzi ha avuto ragione nel farlo, il romanzo meritava di essere letto. Ha già vinto il premio Augusto Monti, Città di Leonforte, si è aggiudicato il primo posto classifica di qualità L’indiscreto, ha vinto il premio Libro dell’anno di Fahrenheit Rai 3, il premio Zeno,  il Premio Mastercard 2022 per il quale allo scrittore è andato un riconoscimento di 10 mila euro, ha poi devoluto il premio in solidarietà  di 100 mila euro a Busajo, onlus che opera in Etiopia per il recupero delle bambine e dei bambini di strada, Caritas Italiana, Save the Children e Progetto Rwanda. Fa parte dei primi 15 romanzi candidati al Premio Strega 2023, è stato presentato da  Alessandro Barbero, e ha buone possibilità di essere il vincitore  di quest’anno, perché il romanzo sta ricevendo molte critiche favorevoli da parte dei lettori e dagli addetti ai lavori.

Ferrovie del Messico è un tomo di oltre 800 pagine in carta sottile, è alto quasi 5 centimetri, pesa di 603 grammi. Quando l’ho acquistato, incuriosita   dal tamtàm  dei social, pensavo potesse avere le caratteriste giuste per andare a fare compagnia agli altri miei due tomi di quasi ugual peso e misura che da decenni mi riprometto di finire di leggere, e cioè i cominciati e mai finiti: Ulisse di Joyce  e Orcynus Orca di Stefano D’arrigo. Invece così non è stato, il romanzo l’ho iniziato e finito. Griffi è una penna eccezionale, capace di scrivere un capolavoro di amara ironia ma nel contempo dolce e che  fa sorridere, pagine ricche di divertimento ma anche di profondità. Apparentemente prolisso ma non lo è, infatti non è mai noioso, anzi la scrittura è avvincente e coinvolgente.

Questa la trama del romanzo:

Ad Asti, nel 1944, Francesco Magetti, detto Cesco, soldatino figlio di tabaccai,  giovane  milite nella Guardia Nazionale repubblicana ferroviaria della Repubblica di Salò, soldato ma dentro il suo cuore idealista illuso e  antifascista, arruolato  per necessità e per paura, eroe sfigato, viene incaricato dal suo aiutante capo di redigere, nel termine di una settimana, la mappa delle ferrovie del Messico. Lo strano incarico proviene dalle alte istituzioni naziste e riveste carattere, oltre che di urgenza, anche di rilevante importanza per la Germania. Tutto nasce a Berlino da uno stupido equivoco e sciocca convinzione. Un libro, che racconta delle mirabolanti avventure accadute a Santa Brígida de la Ciénaga, una cittadina del Messico,  nonché lungo le ferrovie messicane, viene donato in cambio della sua gentilezza, da una nobildonna ebrea, a Bardolf, un umile addetto ai suicidi assistiti. Il libro assume un’importanza enorme per le istituzioni naziste, così come la ricerca della mappa delle ferrovie messicane di cui il libro era dotato ma che manca fisicamente. Secondo i nazisti in quella cittadina si nasconde l’arma risolutiva, un’arma diabolica e terrificante, spettrale, una bestia selvaggia e leggendaria. La ricerca di questa mappa è il nodo principale del romanzo e da cui si diramano le altre storie che a loro volta si diramano in altre storie, come il giardino dei sentieri che si biforcano del racconto di Borges, citato nel romanzo più volte. Cesco, che soffre di un forte mal di denti, non ha idea di come procurarsi questa mappa e inoltre ha una paura matta dei dentisti (l’unico dentista di cui non aveva paura era stato arrestato dai fascisti)  il mal di denti lo accompagnerà per tutta la sua avventura, mal di denti che a detta dell’autore in un’intervista alla Gazzetta d’Asti indica un male oltre che fisico anche interiore “…ho provato a trasporre così, con un dolore fisico, il suo male oscuro, il male interiore di Magetti e dell’uomo che non riesce a decidere, che non riesce a trovare la forza per affrontare il male circostante e neppure i problemi, anche piccoli, che gli si presentano. È anche l’emblema dell’uomo di oggi, gettato nel mondo in balia di guerre e tragedie climatiche, paralizzato e incapace di fare anche solo un piccolo gesto in grado di migliorare le cose”. Gazzetta D’Asti 16/09/2022

Quindi un bel mal di denti interiore che, in modo più o meno evidente e consapevole, forse tutti noi abbiamo.  In biblioteca, durante le sue ricerche, conosce Tilde Giordano bella, strana,   folle bibliotecaria, con la passione della fotografia,  della  quale Cesco Magetti, eroe per caso, si innamorerà perdutamente. Cesco scopre tramite Tilde che esiste un’opera dello scrittore messicano Gustavo Adolfo Baz, dal titolo “Historia poética y pintoresca de los ferrocarriles en México” con illustrazioni di Edoardo Gallo. Il libro però non si trova in biblioteca, è stato dato in prestito. Comincia così la caccia a  questo fantomatico volume che dovrebbe risolvere i problemi di Cesco  e dei nazisti.

I personaggi descritti  sono personaggi concreti  e vivi, tragici, mangiano, soffrono, amano, ruttano e bestemmiano con bestemmie inventate,  usano termini dialettali desueti e neologismi, ma nel contempo sembrano immaginari, immaginifici, magici, sembrano spettri, delle presenze vaganti, variegate e misteriose: sono poeti frenatori, partigiani, fascisti, viaggiatori, agenti segreti, prostitute, preti, cartografi, becchini e  costruttori di ferrovie.

Si chiamano Epa, cartografo samoano che compila mappe per trovare chiavi, per fare l’amore, per cercare un gelso al cui interno è cresciuto un ciliegio. Angelo Zanon, detto Angelito, detto Lito, che assieme al suo compagno muto e poeta Mario Emilio Camillo Bertone, detto Mec, nel cimitero di San Rocco fanno i becchini addetti alla bollitura dei cadaveri, perlopiù provenienti dalla Germania, con i quali si forma una polvere di ossa che i nazisti in Germania usano per produrre dei colori per dominare il mondo e le masse, inducendo alla felicità, alla disperazione, a seconda del colore si costringe il popolo a comportarsi in un certo modo. Possiedono molti libri,  un distributore di caffè, un organizzatore, un automa, una sorta di computer antesignano, entrambi sono ex costruttori di ferrovie nel Sudamerica e la sanno lunga su Gustavo Baz e Santa Brígida. Ettore e Nicolao, alle costole di Cesco Magetti, Edmondo Bo, poeta frenatore, alcolista e oppiomane, il senza cuore e cinico SS-Obestrumbannführer  Hugo Kraas, giocatore di golf,  che possiede un samovar trovato in una dacia nei pressi di Mosca. Bardolf Graf, collega che Cesco non incontrerà mai. E come non ricordare il bambino Feliciano ucciso e abbandonato sul ciglio di una strada a Saucillo de Guadalupe, il primo cadavere sotterrato dal poeta muto Mec Bertone che con infinito amore gli scava la fossa con le mani e lo adotta come  figlio dopo morto.

Cesco è costretto a darsi da fare per questa fatidica mappa e dopo varie vicissitudini e avventure varie,  su indicazione dell’aiutante capo, colloca casualmente Santa Brígida, cittadina probabilmente mai esistita, in un punto qualsiasi della mappa.

Ferrovie del Messico è un romanzo d’avventura, ironico, epico, idilliaco, orrifico, assurdo, a tratti fantasioso e fantastico, iperrealistico e fantascientifico, comico e drammatico, antico e moderno, utilizza tanti registri, i capitoli sono brevi, si passa da un luogo all’altro, da un personaggio all’altro, da un tempo all’altro, in modo da non annoiarsi mai, ma senza mai perdersi nelle varie diramazioni della storia e nei vari sentieri.   Griffi è un  autore che  non assomiglia  a nessuno degli scrittori italiani, almeno a nessuno di quelli che ho letto. Si dice negli ambienti letterari  che si sia ispirato allo scrittore cileno Roberto Bolaño Ávalos, a Pynchon, Joyce, Borges, ma ogni scrittore che si rispetti porta nella sua scrittura tracce delle letture, che vengono poi elaborate dal proprio sentire  assumendo autonomia e originalità,  diventando altro. La sua scrittura è moderna, libera,  si discosta dal piattume e dall’ordinario a cui ci stiamo assuefacendo. Con le dovute eccezioni e per la maggioranza,  ci sono parecchi scrittori bravi, tutti bravi ma anche tutti simili, così come i poeti e così come i cantanti, quindi, quando si legge una scrittura che si discosta, una voce che emerge e il cui timbro è riconoscibile, per un  lettore comune è una festa.

Griffi attacca i poteri,  nazista e fascista,  lo fa rendendoli ridicoli, facendone una caricatura. L’autore è capace anche di disegnare non solo i tratti grotteschi dei personaggi ma rappresentare anche i loro sentimenti più nobili, quando questi esistono. Mi piace riportare queste due pagine che riguardano il bambino Feliciano. E’ il becchino poeta Mec che parla dopo aver seppellito quel cadavere del bambino abbandonato sul ciglio di una strada. Griffi non è solo ironia, ma è anche poesia. Come egli scrive e come è  riportato sul retro della copertina del romanzo: “Essere lirici e ironici è la solo cosa che ci protegge dalla disperazione assoluta”.

(da pag 331 e 332)

Sugli appunti per una poesia che intendo scrivere annoterò che il tre giugno millenovecentoventinove ho sollevato il capo di un bambino morto sul ciglio di una strada; annoterò di aver pensato che se esiste un Dio dei poveracci, e se l’anima di Feliciano è in sua compagnia da qualche parte, insomma se Feliciano è ancora qualcosa, in un’altra forma, si stupirebbe se qualcuno si sia preso cura della sua forma precedente, quella corporea. Annoterò che Feliciano non è più, senza forma come le nubi della tempesta; annoterò che Feliciano è vissuto sette anni su questo mondo senza altra ragione se non quella di devastare il mio cuore un giorno di primavera del millenovecentoventinove, in un villaggio sperduto del Messico.

(cut)

Annoterò  che ho scavato fino a farmi sanguinare le mani, e che l’ho fatto per potermi ascrivere al genere umano. Giacché voglio credere che il genere umano non sia ciò di cui parla Lito, quella cieca indifferenza dell’uno per l’altro, quell’odio che sfocia in battaglia e in guerra.  Annoterò che ho scavato una fossa per seppellire tutti i bambini del mondo vissuti senza una ragione, quelli per cui ogni giorno è semplicemente un giorno di agonia in più; che ho scavato una fossa per far sì che contenesse tutti i corpi affamati, annegati, torturati, dimenticati, profanati.

Annoterò che quel giorno avevo le lacrime agli occhi e le parole mi uscivano di bocca come sputi; Annoterò che la terra odorava di piscio, violette e polvere, di merda di mulo e sterpaglie bruciate, annoterò che ho udito il vento tra le colline e ho immaginato che fosse la voce di Feliciano frammentata in mille brevi mormorii; annoterò che quel giorno ho seppellito mio figlio: per questo sulla croce che commemora il luogo della sua sepoltura ho inciso il suo nome, Feliciano, e il mio cognome, Bertone.

Antonella Pizzo letture e scritture e noticine di una finta critica

 

 

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Intervista a Sal Ferranti: La legge della piuma

23 giovedì Gen 2020

Posted by Loredana Semantica in Interviste, LETTERATURA

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Tag

intervista, La legge della piuma, Narrativa, Sal Ferranti

Questa intervista appartiene ad un’iniziativa del blog Limina mundi che intende dedicare la propria attenzione alle pubblicazioni letterarie (romanzi, racconti, sillogi, saggi ecc.) recenti, siano esse state oggetto o meno di segnalazione alla redazione stessa. Ciò con l’intento di favorire la conoscenza dell’offerta del mercato letterario attuale e degli autori delle pubblicazioni.
La redazione ringrazia Sal Ferranti, per aver accettato di rispondere ad alcune domande sulla sua opera: La legge della piuma, Pedrazzi editore, 2020.

1. Ricordi quando e in che modo è nato il tuo amore per la scrittura?

Il mio amore per la scrittura è nato attraverso la lettura. Chi legge molto è attratto dalla parola scritta e l’immaginazione lo porta inevitabilmente ad immaginare storie nuove. Io leggo da sempre. Da adolescente andavo a prendere in prestito libri in biblioteca (d’avventura, soprattutto) e li riportavo indietro nel giro di qualche giorno. Poi sono diventato un lettore onnivoro e un frequentatore di librerie. Credo di avere acquistato (in trent’anni circa) almeno tremila volumi. Il mio primo romanzo lo scrissi a diciannove anni, ed è ancora lì, incompiuto e con le pagine consumate dal tempo. All’epoca leggevo parecchi romanzi horror e mi ero convinto di saper scrivere romanzi alla Stephen King. Ripensandoci, mi viene un po’ da ridere adesso, e provo tenerezza verso quei facili entusiasmi da ragazzo che amava sognare in grande. Continua a leggere →

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Feriti di realtà e realtà cercando ne “I giocatori invisibili”di Irene Giuffrida

05 domenica Mar 2017

Posted by maria allo in I meandri della psiche, Recensioni

≈ 2 commenti

Tag

I giocatori invisibili, Irene Giuffrida, Maria Allo, Narrativa

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I giocatori invisibili (edizioni Giovane Holden 2016, 14 euro) è l’opera prima di Irene  Giuffrida, eppure  sorprende sia per la situazione esistenziale espressa attraverso una singolare tecnica narrativa, giallo nel giallo filosofico, sia per la ricchezza di particolari. L’autrice dà conto non solo dei pensieri del protagonista,  ma anche di tutto ciò che entra dall’esterno nella sua prospettiva, impegnata a confrontarsi col tempo: Guido, il protagonista, vive tra passato e futuro, il commissario Saverio Strano risolverà l’enigma indagando sui ” luoghi oscuri “ della coscienza e su Morgana, la follia latente di Guido. Ecco il tempo, il  tempo delle vicende che i personaggi hanno vissuto o stanno vivendo è quello della memoria e della coscienza.  Dal passato di Guido emergono fantasmi mai sopiti  che assillano il presente e il futuro  e  determinano, pennellando di «ordinaria follia»,  i suoi tempi  perché, come dice l’autrice, il suo tempo è spezzato, ne ha almeno tre e dentro ci sono le nostre strade e i nostri viaggi, i nostri pensieri e le nostre intuizioni per non perderci  e magari paesi dove poterci fermare o  continuare a perderci, dovendo essere “altro”  o “altri “ da sé, in quanto  pathein  nasce da un conflitto tra dentro e fuori, tra io e non- io, un fluttuare tra superficie e profondità, perché tutto è interno, ma può  trasformarsi  in un atto creativo e tradursi in opera, in questo spazio fluido  che è L’Arte.  

Continua a leggere →

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