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Non mi importa niente dei bambini del Burchina Faso che muoiono di fame,
non ne voglio sapere delle mine antiuomo,
se si scannassero tutti a vicenda sarei contento.
Voglio solo salute, soldi e belle fighe. Giovani belle fighe, è chiaro.
Che gli appestati restino appestati, i malati siano malati e
i bastardi che vivono in un polmone d’ acciaio
fondano come formaggio in un forno a microonde. Voglio bei vestiti,
una bella casa e tanta bella figa. Buttiamo gli spastici giù dalle rupi,
strappiamo fegato e reni ai figli della strada
ma datemi una Mercedes nera con i vetri affumicati.
Niente piani per la salvaguardia delle risorse energetiche planetarie
vorrei solo scopare quelle belle liceali che sfilano tutti i sabato pomeriggio
con la bandiera della pace. Non ho soldi e la botta è finita.
Ma sono un uomo rapace, per le vacanze pasquali
quindici milioni di italiani andranno in ferie lasciando
le loro comode case vuote.
Alla fine non sono razzista. Bianchi, neri, gialli e rossi
non mi interessano un granché.

Simone Cattaneo

Questa è una forma alchemica particolare, di poche parole, perché c’è poco da dire oggi. Oggi come tutti i giorni in cui l’abisso si apre sotto i nostri occhi, nelle parole di un uomo che soffre. Nato nel 1974 a Saronno, Simone Cattaneo si è suicidato nel 2009,  a soli 35 anni. Quando un uomo è un uomo e non si può più dire un ragazzo. Ha vissuto abbastanza per conoscere il mondo, per sperimentare il dolore. L’urlo poetico di Simone Cattaneo non si è ancora sopito, continua a inquietare i vivi, a spiazzarli dalle loro convenzioni e certezze.

E’ una poesia disturbante, perché quello vuole essere, una poesia che restituisce male per male, visto, subito, percepito. Tra tutte le poesie ho scelto questa perché ben rappresenta il modo di scrivere di Simone. Una poesia che sbatte in faccia verità all’insegna dell’antibuonismo, del disgusto per la vita e il modo di vivere proprio e di coloro che circondano l’autore. Racconta un disagio che trova apparentemente la sua pacificazione nel desiderio sessuale, e si manifesta col cinico disinteresse per tutti mali endemici del mondo, la fame, tra tutti espresso come rappresentativo anche degli altri. L’autore avrebbe potuto parlare anche della guerra, e in verità c’è pure quella, nella citazione della bandiera della pace, dice dei malati gravissimi, ridotti a larve in un polmone d’acciaio, avrebbe potuto dire di quando si brutalizzano i bambini, quando li si danno in pasto ai pochi scrupoli di uomini laidi, se ne fanno merci da vendere per ogni uso, ma essi ci sono anche in verità, nel momento in cui scrive che a loro NOI strappiamo il fegato.  Cosa c’è in questa prima persona plurale se non l’ammissione del pesantissimo senso di colpa per sapere, per non esserci e per non poter impedire questi scempi. Cattaneo inoltre non risparmia l’ironia per le priorità dell’ecologia, alla quale lui antepone la carne fresca di quelle belle liceali. Completa il quadro la dichiarazione di antirazzismo, che accomuna tutti i colori di pelle sulla faccia della terra in questa esposta acida indifferenza. Mi fermo qui nel commento, anzi ho detto più di quanto avrei voluto. Perché il più autentico commento a Simone Cattaneo, l’ho espresso in forma poetica, nella poesia che riporto di seguito e che dice come sia comprensibile che la poesia di Simone Cattaneo possa non essere nelle corde di molti, non solo per quanto dico nel testo poetico riportato più sotto, ma perché abbandonare le nostre certezze ed aprirsi ad uno sguardo così lacerato, fa male, e non tutti sono disposti ad accogliere ogni scrittura, con spirito scevro da meccanismi di rassicurazione, come del resto non tutti possono guardare le profondità e reggere lo sguardo dell’abisso.

Certa poesia non è per tutti
occorre avere i muscoli
aver preso almeno una volta un pugno
al centro esatto dello stomaco
sotto lo sterno appena
ch’abbia colpito a fondo
lasciato lividi profondi
reso il respiro monco
ch’abbia piegato il tronco
in due mezzi corpi stanchi.

Occorre aver sentito
dal basso verso l’alto
piovere un liquido urticante
qualcosa esplodere nel petto
fino al cervello in fiamme
come se deflagrasse una bomba o un nodo stretto
in gola in bocca e nello spazio circostante
perfettamente immobile del giorno.

Non c’è niente da fare
seppure universale
certa poesia non è per tutti.

16/01/2013

Loredana Semantica