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Esiste un nuovo fenomeno che sta riscuotendo grandissima risonanza mediatica nel variegato mondo delle serie televisive. È Squid Game, “Il gioco del calamaro”, perché ispirato a un popolare gioco per bambini praticato fin dagli anni Settanta. Si tratta di una serie sud-coreana, scritta e diretta da Hwang Dong-hyuk, disponibile in streaming dal settembre scorso sulla piattaforma Netflix, solo in lingua originale con i sottotitoli. Il progetto è rimasto a lungo nel cassetto per la difficoltà oggettiva di trovare un finanziatore. Per molti si trattava, infatti, di un’idea poco commerciale, data la complessità della struttura. La serie tratta i temi della fiducia nel prossimo e della sopravvivenza: 456 persone, uomini e donne, per diversi motivi, decidono di partecipare ad un gioco in cui rischiano la vita perché sperano di migliorarla aggiudicandosi il ricco montepremi finale che ha in palio 45600000000 won, pari a circa 33 milioni di euro. Il gioco prevede sei sessioni, in cui i perdenti vengono soppressi e non solo eliminati dal gioco. Il protagonista è Seong Gi-hun, un quarantenne disoccupato, sfortunato e privo di prospettive, che vive con la madre malata ed è oppresso dai debiti a causa della sua dipendenza dalle scommesse, ha una figlia che non può mantenere e che sta partendo per gli Stati Uniti con la madre e il suo nuovo compagno. Quando uno sconosciuto in metropolitana gli offre la possibilità di partecipare a un gioco da cui ricavare molti soldi, Seong Gi-hun ci vede una possibilità di riscatto e accetta, anche se non sa a cosa stia andando incontro. Trasferito in una location sconosciuta, al risveglio si ritrova in una prigione, con diversi sorveglianti mascherati che regolano tutte le attività, solo allora l’uomo capisce di essere in trappola. I giocatori e i soldati indossano ciascuno un colore distintivo, che rappresenta l’appartenenza ad una categoria sociale ed enfatizza la differenza tra i due gruppi. I primi indossano una tuta sportiva di colore avio. Ogni soldato è contraddistinto da un numero e segue rigidissime regole, come quella di non rivolgersi ad un superiore se non si viene interpellati. Tutti indossano una tuta da lavoro rossa con cappuccio ed una maschera nera per non rivelare la propria identità. Unico segno distintivo sui volti incappucciati sono le forme geometriche del cerchio per indicare il soldato semplice, del triangolo per il soldato di medio livello fino ad arrivare al quadrato per il più alto in grado.

Le scenografie e i costumi colorati, dal forte impatto visivo, sono stati progettati per trasmettere l’illusione di trovarsi in un mondo fantastico, che però nasconde trappole e orrori. L’ossimoro che è alla base della serie è evidente anche nella colonna sonora di Jung Jae II, che ha composto anche quella di Parasite, così come sorprende la presenza di brani del repertorio classico di per sé rasserenanti e armoniosi durante e dopo momenti di intensa drammaticità. Le sfide consistono in giochi infantili celebri come Un, due, tre stella, i Dalgona Biscuits, il Tiro alla fune o noti in Corea come Il gioco del calamaro, giochi semplici all’apparenza, ma disputati in gigantesche arene o parchi giochi allestiti a tema e controllati dai soldati. Nella serie sono rappresentate diverse tipologie umane: oltre al protagonista, un suo amico d’infanzia, capo di una società di investimenti, ricercato dalla polizia per aver rubato soldi ai suoi clienti, un criminale rissoso e prevaricatore, una profuga giovanissima che vuole vincere il premio per far emigrare i suoi familiari sopravvissuti nella Corea del Sud, un uomo anziano, malato terminale, un immigrato pakistano che deve provvedere alla sua famiglia, un poliziotto che si intrufola nell’organizzazione e si traveste da guardia, alla ricerca del fratello scomparso: uomini e donne diversi ma tutti accomunati da un destino di difficoltà e sofferenza. Nonostante sia il più anziano tra i concorrenti e sia contrassegnato dal numero 1, Oh Il-nam è quello che incarna le caratteristiche di un bambino: è allegro, puro, conosce le regole e i trucchi per vincere le gare e, a differenza degli altri giocatori, gioca per divertirsi. Conservate in una grossa ampolla, sospesa al soffitto del dormitorio, le banconote rappresentano un sogno irraggiungibile per i giocatori che assistono all’incremento del montepremi dopo l’eliminazione di ogni concorrente. Diverse volte nella serie viene sottolineato che i partecipanti lì vivano una condizione di uguaglianza e democrazia che fuori non è loro concessa. La profonda critica nei confronti delle diseguaglianze sociali viene ribadita anche nel momento in cui un misterioso supervisore di nome Frontman, che indossa una maschera diversa dalle altre, scopre un’organizzazione segreta in seno alla stessa organizzazione, dedita al commercio e al traffico di organi prelevati dai giocatori eliminati. Nonostante la serie sia drammatica e disturbante, ricca di dettagli orridi e raccapriccianti e di effetti stroboscopici, si rivela un dramma corale ricco di umanità. Viene spontaneo giudicare le debolezze dei personaggi ma anche provare tenerezza per loro, quando cercano di fare squadra collaborando e stringendo alleanze per affrontare coraggiosamente un nemico invisibile che li manovra come burattini in un gioco perverso e pericoloso. Oltre ad essere una serie avvincente, ben rappresentata e ricca di colpi di scena, Squid Game spinge lo spettatore a riflettere sulla vera essenza dell’essere umano e dei suoi comportamenti.

Deborah Mega