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La nuova raccolta di poesie di Gabriella Grasso, Il Generale inverno, da poco uscita per Il Convivio, ha il passo poetico di un percorso diaristico, lontano da ogni astrazione simbolica e tentazione intellettualistica, nella verità. Il nucleo fondamentale attorno al quale ruota l’opera, (il cui titolo rinvia esplicitamente, come spiega la Grasso in un’intervista, alla figura-personificazione del Generale Inverno, che disorientò e costrinse alla ritirata gli eserciti francese e poi tedesco), si fonda sul tentativo di stabilire radici abbastanza solide della propria identità in una stagione caratterizzata da una condizione di desolazione storica e spirituale che deve essere accettata nella sua cruda interezza perché possa produrre frutti, una condizione di povertà e annullamento, ma anche di attesa di un incontro e di una risposta. <<Ci costrinse, lui, a guardarlo in faccia/non mostrava sembianze di uomo/ ma affrontandolo/ come in uno specchio/ noi trovammo un’immagine nuova di noi/ stupefatta straniata/ interdetta/ benedetta dalla scoperta/ della nostra vulnerabilità>> (Il Generale inverno p.26). La scelta di seguire la scansione in sei sezioni tematiche è frutto della volontà dell’autrice di presentare l’opera come una sorta appunto di diario, registrato con l’ intensa urgenza di porsi in armonia con il tutto, per ritrovare quella sintonia che l’uomo sembra aver perduto in questa età particolarmente fragile. L’autrice ci offre il suo viaggio interiore immergendosi nel flusso dell’esistenza accogliendo tutto ciò che esso propone in modo aperto e pieno e non pretende di raggiungere verità assolute solo indica la tensione ad una chiarezza che la poesia non può raggiungere perché non dispone di strumenti in grado di compensare il dolore. Tuttavia le è concesso il privilegio del canto, incontro con l’altro, che diviene sollievo alla pena. <<Ai tuoi occhi, a te che mi parli/ vorrei chiedere/ hai toccato anche tu / quella faglia dischiusa/ nel cuore della terra/ diventata ferita/ a cielo aperto/ strappo / straripante di lava/ con i bordi di sciara/ taglienti? / E a che punto sei del cammino / hai compiuto dei passi/ oltre a quelli che conosco anche io/ ti sei spinto oltre?>> (Incontro p.13). È innegabile che l’intera raccolta sia segnata dalla frattura e dalla precarietà del vivere quotidiano causata non solo dalla pandemia ma anche dall’amaro rimpianto per gesti, parole, sguardi perduti per sempre come magma confuso di sentimenti e di certezze e ricerca delle ragioni ultime per le quali continuare a vivere e a sperare. <<Tra un istante arriverà/ una sorpresa consueta / per chi come noi/ ogni giorno scivola lungo/ l’asfalto impietoso/ di un tortuoso percorso/ di vita/ Ci assalirà/ un afflato di sogno nascosto / in giardini riemersi / il profumo sensuale e giocondo/ di zagara e incenso / folata di attimo intenso/ da lasciare sospeso/ tra la gola ed il petto/ pensandolo eterno >>(p.15). In questo mondo fragile e insidiato costantemente dal nulla la Grasso si sente incapace di trovare il proprio posto nel mondo e di dare un senso alla propria esistenza, che finisce per assumere i caratteri di un viaggio inesauribile alla ricerca di un’originaria perduta innocenza, celata in fondo all’anima << …qui nessuno mi chiede/ che cosa mi manca/ nello stream/ tutti danno riempiono sanno/ cosa offrire ad un cuore/ che naviga a vista/ conoscendo soltanto/ il vuoto codice ed il moto apparente/ del suo guscio di scafo>> (p.49), e che solo la memoria può recuperare e richiamare alla vita <<Ci entro quando voglio/ stai tranquilla, non temere/ per me/ Ci entro e mi soffermo quanto basta/ per ritornare al centro/ a ogni principio/ e non smarrire/ quella mia smania lirica e sottile/ di immaginare voli/ e trattenere con me quei respiri / quel calore>> (p.19). Gabriella Grasso dunque con le strategie del viaggio, del vagabondaggio fantastico e dello scavo nelle viscere della propria coscienza rintraccia e riscopre il desiderio di pace, l’unica possibile speranza tenuta desta dal soffio dell’esistenza, e a essa presta la propria fede con la capacità di guardare alla natura con ingenuità ed emozione, stupendosi per ogni particolare che esprime la potenza generatrice del processo di creazione poetica, in grado di portare alla luce un inaspettato frammento di senso. . <<È maggio, di nuovo/ incensiere di fumo/ e profumi/ luce bianca che cola / carezza / a suo modo consola / e la sera che arriva alle spalle/ senza pena/ a ricordare che la dolcezza / esiste ancora>> (p.58). Dario Talarico, nell’illuminante prefazione, individua nel percorso di Gabriella Grasso una poesia che non tradisce mai quella Sicilia lirica e piana, epica, «barocca sempre». Il Generale inverno è un libro da leggere, ricco di risonanze interiori. Ad ogni lettura tocca corde profonde dell’animo, cui si accompagna un sapiente lavoro di cesello che interessa tutti i livelli del testo, fonico-ritmico, lessicale e sintattico. E un buon libro di poesia, deve essere anche questo.

©Maria Allo