
Una testimonianza di Mario Fresa
La poesia di Maria Pina Ciancio è un assolo paradossale, che si trasforma in un dialogo forte, silenzioso e quieto: un dialogo che sempre cerca, e sempre chiede, un amoroso contatto con l’assenza, con l’eco del passato (e col riemergere dunque, magico e incomprensibile, di tutto ciò che è stato). Forse è questo, chissà, l’autentico sapere della poesia: riconoscere nella potenza della parola la capacità di dialogare con chi manca, riformulando i principi della vita e della morte, e condensandoli, infine, con l’aiuto di una grazia misteriosa.
La sua è una poesia disperatamente transitiva e desiderosa di ascolto: e in essa non vive, in fondo, un assolo, ma un movimento corale: e vi è uno spirito archetipale che conosce una lingua antichissima e viva, che tutti riunisce e fa parlare: i presenti e i dimenticati, i vivi e i morti.
Qui la parola poetica è tutta dedicata a una madre (e a tutte le madri): ma è una parola che essa stessa si fa madre, cioè matrice di ogni pensiero, di ogni azione, di ogni desiderio.
(Mario Fresa)
Tutto si riduce e si fa immobile
nel perimetro circoscritto di una stanza
D’improvviso
la terra dei sogni e del ricordo
cede e trema sotto i passi
e ci prende tutto
gli occhi, il cuore
i sogni e la bellezza.
*
(del tempo temuto)
E’ arrivata la condanna e la paura
in cui finisco di esserti figlia
e tu di essermi madre
…
In questa latitudine di dolore
non c’è fuga, né abbraccio
per il mio pianto disperato
solamente urgenza di imparare
la grammatica dolorosa
di un nuovo accoglimento
(dicembre 2011)
*
Si fanno interminabili le ore
…
io respiro il tuo respiro
(a tratti non respiro)
e prego per te una manciata
d’ a r i a
come si fa col pane per chi ha fame
(notte)
*
Ti accarezzo le mani
e il corpo fatto tronco
che più non ti appartiene
Solo la tua voce a ricordarmelo
(ancora notte)
*
Rimango dentro questa tua assenza
a frugare nei sogni
nelle pieghe dei pensieri
negli oggetti rimasti tutti qui
e ti parlo a volte
come i matti giù in paese
per sorridere ancora
al mattino o al rientro dalla scuola
per scordarmi i referti, le flebo, le corsie d’ospedale
e tutto ciò che segue
(2012)
(testi tratti da Assolo per mia madre, grafiche di Giuseppe Pedota prefazione di Lucio Zinna con una testimonianza di Mario Fresa, Edizioni l’Arca Felice 2014)
*

Maria Pina Ciancio di origine lucana è nata in Svizzera nel 1965 e dopo aver vissuto in Basilicata, si è trasferita da circa tre anni nella zona dei Castelli Romani. Viaggia fin da quand’era giovanissima alla scoperta dei luoghi interiori e dell’appartenenza, quelli solitamente trascurati dai grandi flussi turistici di massa, in un percorso di riappropriazione della propria identità e delle proprie radici. Ha pubblicato testi che spaziano dalla poesia, alla narrativa, alla saggistica. Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo Il gatto e la falena (premio Parola di Donna, 2007), La ragazza con la valigia (Ed. LietoColle, 2008), Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro (Fara Editore 2009), Assolo per mia madre (Edizioni L’Arca Felice, 2014), Tre fili d’attesa (LucaniArt 2022). Ha ricevuto numerosi premi ed è inserita in antologie e riviste di settore. Dal 2007 è presidente dell’Associazione Culturale LucaniaArt.
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