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Nell’ambito della rubrica “Canto presente” oggi presentiamo la poesia di:

Sebastiano A. Patanè Ferro

l’amore al tempo delle scimmie
la storia poetica

ha un rumore di fondo l’amore
come l’acqua che bolle
come un piccolo vento senza mani
albero chino a guardarsi le radici

false (carta da gioco)

una spiaggia piena d’orme sovrapposte
con una musa in centro e tante sedie a lato
come in una festa dove la tristezza vera
prende altre forme fino a diventare stella

falsa (approssimato viversi)

che sarà mai un minimo fossato
se a saltarlo poi ci rimetti il cavallino
che sarà mai l’ascendere di braccia
sulla negazione delle cento lire

false (caduta delle allodole)

ripetiamoci quel buio che tanto sana gli occhi
ché per l’incontro il tempo trova i luoghi
anche un comodino diventa poi percorso
per sperperare gli ultimi dettagli
falsi (due braccia d’acqua e sale senza niente intorno)

al tempo delle scimmie non c’erano i diamanti
che diluivano ogni malavoglia, forse un osso
o un salto sulle cime chissà, la traccia
di un ti amo monosillabo allungato huuug

vero (come il vento come il tuono?)

cenno distinguibile dal sonno
per ovvia natura che s’avanza e prende
senza ricorsi a lampade geniali da web cam
o sessuologhe 24enni modello “iosottutto”

(il falso prende il sopravvento e diventa giorno
il vero finge…)
*
vorrei spostare le parole verso l’illusione
dove gli accenti non hanno significato
dove chi sente non occorre che capisca
e chi capisce ne confonda il senso

dove l’àncora può diventare ancóra
con i ripensamenti tra un si e l’altro
e i giochi abbiano l’odore di Wall Street

spiegare cosa c’è in fondo al cuore
non serve perché un cuore è solo
una cavità piena di niente dove non cresce
un accidenti di niente e niente vive

il cuore è un morto che batte
è una crisi continua, ha solo una finestra
verso il basso proprio nel suo fondo
e non ha testa e neanche un piede

tutto il resto è carne che vibra a 8 Hz
nel silenzio del guardarsi anche con amore
dove non c’è posto per le smagliature
che ogni giorno deformano la vita
*
[rientra
il becchino
dal dorso
scarlatto
rientra
la preda
rientra
la luna
paura
negli occhi
di hugh
paura
scarlatta
decisa la mossa
scappare
dall’era
trovarsi
in teatro
l’abbraccio vestito
trovarsi
d’amore
… nel tempo
bambino]

vogliamo spezzare la brezza che investe
vogliamo sperare che possa cambiare
restiamo scimmiette lungo il viale
restiamo
*
c’era un campo dove spesso
atterrava un piccolo airone
che poi rimaneva immobile
come aspettasse qualcosa

più in là verso il sole un viso
coi colori della passione
a ridosso del cuore
proprio sotto il carrubo

l’airone fissava un vuoto
ma sentiva la radice sotto i piedi
il viso cercava nei dintorni
forse una strada o forse

un Piero Angela che le dicesse
della grandezza del tempo
un figlio una doccia il pane
oltre l’albero e un amore

che non capiva
*
a volte era spiaggia porosa fragile
che si consumava nell’abbraccio
della risacca senza affetti
altre montagna e stabiliva il senso
dell’unione, quella che faceva la forza
quella predefinita dai geni cosmici

il fuoco il gelo con le loro curiose creste
non intimorivano le ampie distese degli occhi
ma quella cosa dentro il petto che andava giù
fino al ventre, alle gambe e che poi si perdeva
nella confusione delle mani, quella cosa la spaventava
più delle belve che giorno e notte le sostavano accanto

latenti interminabili subdole che la vedevano cibo
e mai potente motore della vita e non capiva perché
dallo specchio del lago trasparivano sempre
volti diversi, mai uguali
sempre diversi
mai uguali
mai
*
è stato un momento s’è girata
e qualcosa l’ha portata via
non ho visto gli occhi allontanarsi
è sparita come ripresa dal sogno

[ricordo la sensazione di fresco quando oziavo sotto l’albero
comunque attento ai predatori
quando la mia compagna allattava i due cuccioli
altri amici -non li ho più rivisti- stavano nelle vicinanze…]

solo ricordi, sempre meno chiari
in quell’eterno tempo che ci divise
secoli di strade differenti, di memorie
millenni d’amore chiuso in bolle fragili

[tu eri madre innanzitutto con gli occhi socchiusi
mentre i piccoli ti giocavano addosso
ed eri bella con tutti quei peli… sotto l’acacia]

poi, e crollò il muro, eccola bella come allora
e ci riconoscemmo e ci amammo

e abbattemmo il tempo con un solo guardarsi
che sapeva di sempre

quanto universo
in quelle piccole mani
e quanto dare

(L’amore al tempo delle scimmie, Poemetti collezione, Catania 2015)