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Capo Horn - Tijuana. Cuentos Olvidados, Emilio Capaccio, Fabio Fiallo, La lezione sul caos., Racconti, TRADUZIONI
R E P U B B L I C A D O M I N I C A N A
LA LEZIONE SUL CAOS
(1908)
Fabio Fiallo (1866-1942)
Traduzione di Emilio Capaccio
Figlio di un deputato al congresso del paese, si dedica alla politica e alla poesia fin dalla giovane età. È stato un accanito sostenitore del nazionalismo e assume un atteggiamento di netta opposizione nei confronti dell’occupazione degli Stati Uniti, dal 1916 al 1924, all’interno del più vasto conflitto c.d. “guerre della banana”. La sua produzione risente dei canoni del modernismo di Rubén Darío, di cui fu intimo amico, anche se non abbandona totalmente gli archetipi del romanticismo spagnolo e tedesco e un acceso lirismo sentimentale, seguendo l’influenza di Heinrich Heine e di Gustavo Adolfo Bécquer.
A Manuel Díaz Rodríguez
Al cozzare dei bicchieri e al baccano dei brindisi erano seguite frizzanti storie di vita bohémien e racconti d’avventura.
Fu il turno di Raul, il più bello e fortunato di noi, dalla turbolenta gioventù.
Con un tono che l’emozione dei ricordi rendeva tenero e lusinghiero, raccontò la storia del suo primo amore.
Lei, come me, aveva quindici anni. Il suo nome era Ondina. Aveva capelli dorati dal sole, pelle di giglio, occhi di cielo, guance rosa conchiglia, labbra rosso sangue, odore d’ambra sulla nuca, efflorescenza di spuma sul petto e intrepida sensualità nelle forme.
Un pomeriggio suo zio, il maestro di scuola, iniziò così la lezione:
— Il caos, signori…- com’era pedante quel maestro!
Però davanti a me, guardandomi molto e sorridendomi dolcemente, c’era Ondina, che quel pomeriggio aveva più che mai, azzurri di cielo gli occhi e rosso sangue le labbra.
Contemplandola dimenticai la lezione e quando fui interrogato non seppi spiegare “la sconfitta delle tenebre ferite dalla luce” … com’era pedante quel maestro!
Più tardi, quando lasciarono la scuola, i miei compagni mi presero in giro perché ero stato lasciato solo in classe e in castigo, dal momento che non avevo imparato la lezione sul caos.
In punizione stetti e solo, fino all’ora in cui Vespero si china per baciare la sua amata malinconica: la Notte.
A quell’ora venne Ondina.
— Carlos, sei ancora qui! Non sai ancora la lezione?
— Oh sì, la so… – e immersi il viso nelle folte onde dei suoi capelli e le baciai la nuca fino a inebriarmi dell’odore dell’ambra.
La benda era caduta dai miei occhi, ed era stata travolta da una spirale di luce. Dalla mia mente di adolescente fuggivano spaventate le dense ombre del mistero.
Mi credete, amici miei che, io che avevo così magnificamente compreso quella sera “la sconfitta delle tenebre”, non seppi il giorno dopo la lezione sul caos?
Quando i miei compagni lasciarono la scuola, deridendomi nuovamente, perché ero stato lasciato solo in classe e in castigo, io mi misi ad aspettare con ansia febbrile l’ora in cui Vespero si china per baciare la sua amata malinconica: la Notte.
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