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LIMINA MUNDI

~ Per l'alto mare aperto

LIMINA MUNDI

Archivi tag: Guglielmo Aprile

Guglielmo Aprile, “Sinfonia del mare”, Il Convivio Editore, 2021.

06 venerdì Mag 2022

Posted by Deborah Mega in Eventi e segnalazioni, LETTERATURA E POESIA

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Tag

Guglielmo Aprile, Sinfonia del mare

 

 

 

Mi parlarono le onde

 

Risuonano tra le onde eco disperse di

altre voci, di uomini

vissuti in altre età, boati e gemiti di

Atlantidi dimenticate, il rombo di

uragani e naufragi

anche se per la distanza smorzato si

prolunga nel rantolo

della risacca che cresce dal largo

e che parla alla spiaggia, e le confessa il

remoto martirio di qualcuno

che si annegò, e di cui si ignora il nome; e

brandelli riemergono

di rotoli e di codici, in un vortice

di spume, avvolti dalle alghe, cocci

alla rinfusa, formule sbiadite

da acqua e sale, di rune e di saghe,

e tavole ma infrante tra gli scogli

e pagine di silice ma in pezzi

con sopra incise e quasi cancellate

le prime leggi e stralci del racconto

di come ebbe origine il mondo;

e sull’acqua prendono forma a volte

i tratti di quello che sembra un volto.

Mare, di fronte a te, sulle tue sponde

a lungo siedo, da solo, in ascolto.

 

Soglia

 

Il mare piange un figlio mai tornato:

ascolta, invoca un nome

e lo ripete a vuoto

fino allo sfinimento, tante volte

quante le onde che fanno al suo grido

una ironica eco,

e andare in cerca sembra

anche se esausto, in una via deserta, da

solo e scalzo, sotto il temporale, di

qualcuno, chiamandolo

a piena voce: implorante orfeo

di un volto che le ombre reclamarono,

troppo presto rapito

da un Averno che ha lungo la battigia la

sua soglia vorace.

 

Rapsodia marina

 

Le galassie raccontano

alle conchiglie il proprio lungo viaggio;

e lui, il mare, raccoglie e poi disperde

l’eco di quella lunga confessione:

 

dissipa sillabe d’alghe e di schizzi

sopra la pergamena delle spiagge,

senza posa versifica

perduti amori e la storia del mondo

 

e quella del gigante senza nome

che espia una certa colpa

da quando in tufo si mutò il suo corpo, in

sbraccianti scogliere;

 

mare, ossesso in catene

che sbraita e strepita, voce straniera

che innalza la propria preghiera

e le distanze scavalca e le ere.

 

“Ama celarsi, parla per enigmi…”

 

Metamorfico mare, ha molte maschere

ma una sola anima: suo è il dono

di mutare, di assumere

 

qualunque profilo, a capriccio,

quando l’onda disegna sulla riva

ora un cavallo, o un’idra, o una fanciulla,

 

ma sempre confonde i suoi esegeti

e dei loro pronostici si beffa,

e il suo vero volto non mostra

 

a chi si affacci sul suo specchio; mare, a

ogni nostro bussare il tuo silenzio è la

sola risposta.

 

L’azzurro rotolo della sapienza

 

Quanto per te è dio, per me è il mare;

è il gelsomino che soffoca quasi

chi il suo alito esali, tanto è dolce,

ed è il fabbro operoso delle ere

che lascia su costoni e rupi traccia

della sua mano d’acque e venti e lave,

è il fremito che percorre il fogliame

ed è il boato che stacca le frane,

il ronzio in mezzo agli steli dell’ape

e l’eco montante delle risacche,

la chiocciola che su un tronco o su un muro

impercettibile all’occhio risale,

la lunghissima marcia dei ghiacciai

che il calcare scavò con la sua unghia

tracciando corridoi, gole dai fianchi

a precipizio invase poi dai laghi,

le piste che i capodogli tramandano

alla ricerca di plancton ogni anno

sulle mappe delle correnti oceaniche,

le orbite che gli infuocati globi

attraverso distanze buie battono;

è come una colorata voragine

che sul proprio orlo srotola una danza

di corpi che un solo brivido infiamma,

è quel trasalimento dello sguardo

che allo scoccare del fulmine segue

o quando spiega il suo incendio il tramonto e

allestisce la sua coreografia

fastosa drappeggiando con le nuvole

vascelli in fiamme; è la prima fonte

di meraviglia e di angoscia di fronte

ad ogni epifania dell’esistenza,

è la terribile magnificenza

che non si sa come chiamare, e a cui tu

dai nome di dio, io di mare.

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“Il sentiero del polline” di Guglielmo Aprile. Kanaga edizioni, 2020. Una nota di lettura di Maria Allo

24 mercoledì Nov 2021

Posted by maria allo in LETTERATURA E POESIA, Recensioni

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Tag

Guglielmo Aprile, Il sentiero del polline, Maria Allo, poesia contemporanea, recensione

Senza-titolo-1

La cultura della società moderna, fondata sulla produttività e il denaro, non lascia spazio all’individuo, al suo bisogno perennemente inappagato di amore, di autenticità nei rapporti con se stesso, con gli altri e la natura. Ne consegue che da poeta autentico, la condizione di Guglielmo Aprile è a volte quella di un esule, in Esilio delle cicale (“… un dio indicò in questi alberi il suo perenne esilio “(pag.6), quasi a sottolineare un percorso poetico, come fondamentale momento di un cammino.
Così il poeta si contrappone al movimento frenetico della città e scopre in sé una tensione alla ricerca della Terra promessa “Siamo anche noi così, inseguiamo/ quellaterra che odora di miele/ quando il sole la sfiora, anche se/ ignoriamo dov’è che sia,e se” (Terra promessa, (pag. 89). Il titolo della raccolta Il sentiero del polline, sembra mettere a frutto, come Baudelaire, le letture del mistico svedese Emanuel Swedenborg, interprete di una forma di “misticismo cosmico” che vede nella natura un insieme di corrispondenze da decifrare. La struttura della raccolta rivela una precisa volontà costruttiva. Infatti Aprile ha inteso organizzare la sua opera poetica in una raccolta organica, che non nasce dalla semplice stratificazione di singoli testi ma è concepita secondo una struttura rigorosa, frutto di un continuo lavoro di labor limae. Il sentiero del polline è suddiviso in sette sezioni che testimoniano una direzione di ricerca in una riflessione sul rapporto tra realtà e di una tendenza all’evasione fantastica in epoche o contesti passati (Creta del tempo)e già dalla prima sezione (L’inquieto mare) è subito evidente il valore polisemico del mare quale emblema di una natura capace di rigenerazione e di rinascita: “Scava il morso dell’onda nella pelle/ della scogliera, ne erode le falde/aprendo grotte ampie come bocche/ di piovre…” ( pag.9).

Il risultato finale è una struttura all’insegna della varietà ma anche di un’intima coerenza e in Ogni cosa è in cammino (pag.71), il poeta dichiara con un costante controllo sulla forma, fedele a un registro ragionativo: “Sonnambuli procediamo ma è presto/ chiedersi verso dove, lo sapremo/ solo una volta arrivati”. È chiaro che Aprile si riferisce alla condizione dell’uomo moderno smarrito, privo di certezze in una situazione esistenziale di alienazione e di incapacità a comunicare, tuttavia alla ricerca del senso profondo di una realtà sempre più labirintica, in cui il poeta non cessa però di ricercare la presenza di un
principio ordinatore. È subito evidente il valore polisemico del percorso nella sezione A piedi, per i campi e in Arabesco (pag. 14) “Camminando decifro/ gli indizi incerti, che dita di luce/ tra gli alberi disseminano:/piste nascoste, fuggevoli tracce/ verso un paese d’oro e di chimera”. Nella descrizione del paesaggio silenzioso e immobile, il poeta si sente a proprio agio, dove gli indizi, gli alberi, le piste e le tracce sono lo scenario in cui egli compie la propria ricerca e dove all’improvviso, può apparire una presenza rivelatrice, ma l’accesso a una rivelazione, non diventa come un sigillo di separatezza, ma qualcosa di intimamente umano, una consapevolezza che diventa una ragione per ricongiungersi con gli altri.

Dietro questa ricerca di poetica dell’umanità c’è dunque l’assoluto bisogno, privato, personale da parte di Aprile di trovare una via di comunicazione con l’altro ma che viene a coincidere con una sofferenza di tutte le cose e con una situazione universale. Così esprime più esplicitamente il leitmotiv del suo progressivo itinerario spirituale e anelito alla terra promessa “Ognuno ha la sua terra promessa/ da cercare, essa è là dove si incontrano/ le rughe che solcano il cielo/ e appena il vento le scioglie svanisce. L’ obiettivo dunque della ricerca di Aprile, in un itinerario continuamente sospeso tra ieri e oggi, diventa occasione per ritrovare il senso dell’esistenza, rivalutare la dimensione della memoria per tentare di vincere la solitudine e inaugurare una comunione più piena con gli altri uomini, anche se il momentaneo trionfo del cielo appare minacciato dall’incombere del vento che dissolve. In Eterna danza appare evidente la presa di coscienza della fragilità dell’uomo, ma anche della necessità di superarla come unica via per restituire quel poco che può dare consolazione all’ anima del poeta: “Le insegne dei bar già accese alle sei del mattino / custodiscono un segreto/ che resterà inviolato da qui a tremila anni;/ l’uomo non si arrende/ alla Sparta dell’erba che si fa polvere…”.

Maria Allo

Creta del tempo( pag.6)
Scava il morso dell’onda nella pelle
della scogliera, ne erode le falde
aprendo grotte ampie come bocche
di piovre, squarci, faglie che si allargano
in forma di neri fiori di roccia;
fino a che un blocco si stacca e dà origine
a un nuovo scoglio, che somiglia a un pugno

chiuso sull’acqua, di tufo; e il tufo era
vivo un tempo, era magma, e dalle viscere
della terra sgorgava, era il suo sangue
poi rappreso e scolpito in varie fogge:
idoli informi, teste di ciclopi
o schiene di odalische: creta arresa
al bulino delle ere, allo scalpello
di venti ed acque, fabbro millenario

Arabesco ( pag.14)
Fogliame dei platani, lune falcate
inventano sull’erba
un mobile arabesco,
il sole filtrando tra i rami
lo tesse e poi disfa, incessante.
Camminando decifro
gli indizi incerti, che dita di luce
tra gli alberi disseminano:
piste nascoste, fuggevoli tracce
verso un paese d’oro e di chimera

Ogni cosa è in cammino (pag. 76)
Anche nei tempi di siccità,

quando il coro dei sassi smentisce ogni promessa d’acqua
ed è unanime l’ingiallire delle stoppie,
tu avanza e non chiederti dove,
segui solo il lampo, laggiù
sui colli turchini che danza;
come gli elefanti che aspettano prima o poi la pioggia,
fedeli ai loro millenari
greti d’ossa.
Sonnambuli procediamo ma è presto
chiedersi verso dove, lo sapremo
solo una volta arrivati

Grido che si alza ovunque (pag.92)

Se anche fosse appurato
che in fondo al pozzo dell’uomo non c’è
nessun oro promesso,
continueremmo a scavare, a stanare
sotto la pelle tracce che conducano
al petrolio di un dio: ombelichi
che attraverso il sangue tortuoso
sbocchino su un relitto
precipitato secoli fa in mare,
custode dei giacimenti di Andromeda.
Ed anche l’erba insorge
contro l’asfalto dall’ingiusto braccio;
e in ogni onda una bestia ferita

si dibatte, ribelle
a un olocausto che gli scogli officiano
sul loro mai sazio altare rombante

g-aprile (1)

G.A. è nato a Napoli nel 1978 e attualmente vive a Verona. È stato autore di diverse raccolte di poesia, tra cui “Primavera indomabile danza”, 2014; “Calypso”, 2016; “Il talento dell’equilibrista”, 2018; “Teatro d’ombre”, 2020; “Il sentiero del polline”, 2020,”Falò di carnevale”, 2021; ha inoltre collaborato con alcune riviste accademiche tramite studi critici su autori e testi della tradizione letteraria italiana.

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Versi trasversali

18 lunedì Nov 2019

Posted by Deborah Mega in Versi trasversali

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Guglielmo Aprile, Poesie

Piet Mondrian, Composition with large red plane, yellow, black, grey and blue (1921)

La poesia è anche incontro, una geometria di rette a volte parallele, altre volte perpendicolari. Similmente al quadro di Mondrian un reticolato vivo e riccamente colorato. Nell’ambito della nuova rubrica Versi Trasversali, presentiamo la poesia di …

GUGLIELMO APRILE

 

A rilascio lento

La crepa nella diga

all’inizio non fa rumore,

ma si allarga attraverso gli anni,

fino a quell’uomo

a cui il temporale ha rubato

ogni ricordo della strada di casa;

la lingua del ghiacciaio

si fende con lunghi boati,

dall’orlo del crepaccio

enormi blocchi si staccano e crollano in acqua.

 

Quella strana attitudine morbosa

che alcuni spingeva da piccoli

a sezionare pile da quattro volt

si ripresenta a distanza di anni,

in forma di lividi sulle dita,

di auto cappottate nel dormiveglia

e neonati ingoiati dai caimani.

 

Processo di combustione

Un tanfo di bruciato

ristagna nell’aria anche diverse ore

dopo che l’incendio è stato domato.

 

“Tutto finisce”, ripete dopo l’orgasmo

e resta a lungo a guardarsi le mani

piene di graffi,

di biglietti scaduti

o non utilizzati in tempo massimo,

di merce che non trova un compratore.

 

Con un colpo di tosse ieri sera

ho espettorato un grumo

di metallo carbonizzato.

 

Responso
1
Da bambini un po’ tutti giocavamo con le lenti ustorie,

oggi invece la nostra paura più grande

è reincarnarci in un insetto.

 

Viene l’età adulta

con le sue bandiere che infagottano deiezioni,

con le sue campane di allarme che suonano fuori tempo rispetto

all’incendio;

 

nel volo basso

dei pezzi di carta soffiati dal vento e inseguiti inutilmente dai passanti

leggo un responso

di cui non oso trarre la logica conclusione.

2
Si parla spesso di una falla

apertasi da un tempo non definibile

per errore umano o sfortunata casualità

nei depositi di stricnina:

il percolato scivola goccia a goccia nel canto mattutino dei merli,

i dintorni della stazione cosparsi di anelli incrinati;

 

in luogo del vecchio proprietario di queste rendite,

dai polsi massicci e dalla voce che non trema,

 

vedo una distesa di balene spiaggiate,

un parco per bambini cosparso di denti scheggiati.

 

Sotterranei

Si dice che le murene si siano rifugiate tutte

in nascondigli sotterranei,

in cantine buie e senza apparente uscita,

da quando abbiamo iniziato a dare loro questa caccia spietata;

e che ora aspettino, nascoste

in luoghi appartati e dove di rado qualcuno discende,

come in certe gallerie

scavate perché ci passasse la metropolitana

ma poi a distanza di anni

mai completate.

 

Gli esseri delle grotte prima o poi riaffioreranno

ancora più affamati; qualcuno anche

racconta di averli già avvistati

una notte, perlustrare i sobborghi

credendosi inosservati.

 

Ordalia

Da ragazzi, in vacanza, tuffarsi

da qualche altezza un po’ più impegnativa

aveva il brivido di un’ordalia.

Dopo anni sono rimasto

io solo in cima a quello scoglio

ed esito, timoroso o dell’acqua

gelata o di possibili rocce

non visibili che un attimo prima

dello schianto, in agguato su un fondale

basso, torbido. Eppure

il resto dei miei coetanei

ce l’ha fatta, senza apparenti traumi,

e ha riguadagnato riva da tempo,

esaurito il divertimento. E anche

le donne, a lungo andare, sono stufe

di aspettarmi, di incoraggiarmi, quando

è a me che tocca, e vanno via, insieme

a chi mi è passato avanti nel turno.

 

Vivere si fa impossibile, senza

una punta di cauta sfrontatezza

che chiuda gli occhi e conti fino a tre:

non ti abbraccia l’azzurro,

se non ti illudi di poter volare.

 

Nei giardini di Armida

Gli stormi a una certa quota rischiano

di sfracellarsi nel risucchio

di un’elica non avvistata in tempo;

l’arcobaleno assassino dei fiori

dopo averci drogato ci divora;

il porto alla solita ora

allestisce la sua scenografia

di luci basse e ci dobbiamo arrendere

al suo ammiccamento crudele e dolce;

il ricco guardaroba del teatro

ha il potere di esercitare un fascino

sui nostri sensi infantili, e ci alletta

con i suoi giocattoli e le sue maschere;

la maga escogita un trucco

antico come il mondo, ma di sicuro effetto

per catturarci, e ci scopriamo preda

della sua collezione di dionee

dal cromatismo artificiale e vivido;

 

Vivere è assurdo come innamorarsi

ma di una prostituta (assurdo, sì,

ma fino a un certo punto)

 

Testi tratti da Il giardiniere cieco, Transeuropa, 2019

 

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Nota critica di Adriana Gloria Marigo a “I masticatori di stagnola” di Guglielmo Aprile, LietoColle, 2018

28 lunedì Gen 2019

Posted by Deborah Mega in Consigli e percorsi di lettura, LETTERATURA E POESIA, Recensioni

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Adriana Gloria Marigo, Guglielmo Aprile

 

Da tempo, forse per una sorta di suggestiva deformazione professionale, vedo il libro – in particolare la silloge di poesia – come la materializzazione del tempio greco: la copertina è simbolo del pronao; pertanto la relazione che intercorre tra il titolo e l’immagine non è tanto malia sul lettore eventuale, quanto indicazione, presentazione, elementi che suggeriscono a livello immaginativo l’interno, il naos dove è collocata la statua del dio. Presenza oppure no dell’immagine, colore, titolo sono – in molti casi – suggerimento di ciò che si tratterà nelle pagine: che sia vicenda, rito o liturgia il corpo di un libro è quanto l’autore officia derivandolo dal Sé in rapporto con l’Io in una dinamica che M. Heidegger così connota  «(…) La parola del poeta non è mai la sua propria parola e non è mai sua proprietà. Il poeta ha capito che solo la parola fa sì che una cosa appaia, e sia pertanto presente, come quella cosa che è. La parola poetante nomina qualcosa che va oltre il poeta e lo spinge in un’appartenenza che non ha stabilito egli stesso, un’appartenenza che può solo accettare. La parola del poeta, e quel che in tale parola è poetato, superano, poetando, il poeta e il suo dire. Quando attribuiamo alla poesia questo carattere, ci limitiamo sempre alla poesia essenziale. Essa soltanto compone poeticamente cose iniziali, essa soltanto svincola cose originarie in vista del loro proprio avvento. L’arte – di cui fa parte anche la poesia – è sorella della filosofia. Ma solo la poesia è la custode privilegiata della verità dell’essere. (…) La natura poetica del pensiero è ancora avvolta nell’ombra. Ora essa si manifesta, assomiglia per lungo tempo all’utopia di un intelletto semipoetico. Ma il poetare pensante è, in verità, la topologia dell’essere.» Continua a leggere →

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Versi trasversali

08 lunedì Ott 2018

Posted by Deborah Mega in LETTERATURA E POESIA, Poesie, Versi trasversali

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Guglielmo Aprile

Piet Mondrian, Composition with large red plane, yellow, black, gray and blue (1921)

 

La poesia è anche incontro, una geometria di rette a volte parallele, altre volte perpendicolari. Similmente al quadro di Mondrian un reticolato vivo e riccamente colorato. Nell’ambito della nuova rubrica Versi Trasversali, presentiamo la poesia di …

GUGLIELMO APRILE

 

Congedo tardivo

Datemi una valida scusa per restare,

che compensi

la troppa acqua fredda accumulata nelle ossa

e la scarsa ossigenazione degli ambienti,

i rischi di embolia

nel raccogliere monete da sotto il letto;

 

questo regno dei cieli quando arriva,

in ogni fine c’è una liberazione,

sono impaziente di restituire

gli oggetti ricevuti in prestito,

spero di lasciare questo albergo sgraziato

al più presto.

 

***

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