
Ricordi quando e in che modo è nato il tuo amore per la scrittura?
Sono cresciuta in una famiglia dove i libri erano considerati preziosi e divertenti. Nei libri mi sono sempre “persa” e forse per questa ragione ho sempre letto e scritto con molto piacere. È un modello comunicativo che ho sempre amato, forse perché mi dava visibilità senza essere pressante.
La scoperta della mia vena poetica è arrivata più tardi, a vent’anni circa, dopo un corso di arte-terapia. È stata una sorpresa: non mi ero mai soffermata su questa mia capacità, abbastanza naturale, di “mettere insieme rime”. Infatti l’utilizzo della poesia all’inizio era al servizio del mio lavoro di educatrice per comunicare con bimbi e genitori i contenuti di un progetto, o al limite un modo per creare messaggi d’auguri ad amici e parenti. Mi sembrava un mezzo più immediato ed emotivo con cui far arrivare il mio pensiero rispetto alla prosa.
Quali sono i tuoi riferimenti letterari? Quali scrittori italiani o stranieri ti hanno influenzata maggiormente o senti più vicini al tuo modo di vedere la vita e l’arte?
Sono cresciuta a “pane e Rodari”, l’ho sempre amato per la semplicità e ironia che lo contraddistingue e la leggerezza con cui va a fondo di tematiche importanti in modo accessibile a tutti.
Poi è arrivato Italo Calvino, con i suoi racconti in bilico tra il reale, l’onirico e il filosofico, Asimov con le sue trasposizioni sociali, storiche e metaforiche fantascientifiche e non ultimo Munari, con la sua pedagogia puero-centrica che non poteva che essere piena d’arte (d’altronde lui era un’artista). È stato il primo a capire che l’adulto deve solo portare il bambino a fare esperienze, a ricercare e a dare allo stesso il gusto della scoperta, facendolo riflettere sulle scoperte fatte, meglio se in gruppo. Idea che io appoggio in pieno e che ho cercato di immettere nell’opera attraverso echi di quanto i bimbi mi hanno regalato negli anni… frasi, episodi.
Nella mia parte più “impulsiva” è Ungaretti che mi parla: amo la sua capacità di far “esplodere nella testa” il messaggio con una sola breve frase evocante un’immagine. Trovo le sue poesie fotografie d’impatto, quasi da giornalismo d’assalto tanto colpiscono in pancia con la loro vividità.
Come nasce la tua scrittura? Che importanza hanno la componente autobiografica e l’osservazione della realtà circostante? Quale rapporto hai con i luoghi dove sei nata o in cui vivi e quanto “entrano” nell’opera?
La scrittura, per come la intendo ora, è nata recentemente e dopo un momento traumatico che mi ha costretto a casa. Infatti ho rischiato la vita a causa di una trombosi cerebellare.
Improvvisamente, durante la convalescenza, i pensieri poetici arrivavano fulminei a dover descrivere gli eventi e gli stati d’animo che più mi colpivano.Anche la richiesta di Mòrin (mia maestra di canto) di scrivere dei testi per sue canzoni è stata esaudita con poesie molto introspettive e legate al momento che stavo vivendo. I temi erano: meditazione e rifugio nel sogno” (per “Sogni Bianchi”) e “ripresa e resilienza” (per “Risvegli”).Forse per questo motivo prevale ciò che mi “rimbalza dentro”, gli eventi sono filtrati dal mio sentire. I luoghi della poetica sono “del ricordo”, spazi emotivi soprattutto di quando ero bambina, o “non luoghi” ma angoli universali che contengono valori comuni e storie condivise (soprattutto nelle poesie “Prigione velata” e “Io sorgo ancora”. I percorsi del quotidiano sono, quasi sempre e purtroppo, strade che mi portano da un luogo all’altro, spesso di corsa.
Ci parli della tua pubblicazione?
“Girotondo dei pianeti” è una poesia illustrata. Pur portando nozioni scientifiche corrette (a parte Plutone che per questioni affettive mi sono rifiutata di declassare), è un pretesto per evidenziare emozioni e comportamenti comuni a tutti noi; del resto i nomi degli astri rimandano a tipologie archetipiche e miti ben precisi. Sempre per Plutone ho fatto un’eccezione non richiamandolo, per motivi di gestione psicologica, al re dell’Ade: mi era molto più utile usare un richiamo all’emotività del bambino, alla sua richiesta di attenzione e al suo sentirsi piccolo rispetto ad un gruppo.
Ero consapevole inoltre che il toccare le “corde emotive” del bambino avrebbe creato un’impronta dove le informazioni sui pianeti si sarebbero fermate nella memoria.
Pensi che sia necessaria o utile nel panorama letterario attuale e perché?
Ciò che può essere ritenuto bello e che porta una persona ad uscire da sé, dal quotidiano, che la fa riflettere su ciò che è, che la porta ad un’identificazione con personaggi e a crearle domande e curiosità è sempre utile.
Soprattutto se si tratta di bambini ciò che li possa far uscire da pacchetti standardizzati che tentano di farli diventare piccoli, tristi, adulti consumatori non è utile, è necessario.
L’educazione al bello, alla poesia in materiale tangibile può farli sognare senza farli “divagare”.
Quando e in che modo è scoccata la scintilla che ti ha spinto a creare l’opera?
La narrazione è nata dalla richiesta di una filastrocca che aiutasse i bambini a memorizzare le caratteristiche degli elementi del nostro sistema solare. Ma i nomi dei pianeti, le loro caratteristiche per composizione e posizione fanno nascere suggestioni molto ricche.
Così mi sono ritrovata a dovermi documentare e più correggevo e “limavo” l’opera, più mi rendevo conto che stava nascendo una “personificazione” degli astri molto riconoscibile negli aspetti comuni a tutti noi; a posteriori questo era prevedibile dato l’aspetto archetipico insito in ogni nome scelto per i corpi celesti, ma è una consapevolezza a cui sono arrivata dopo. Questo aspetto è stato molto utile per entrare in contatto con il pensiero bambino, che tende a personificare gli oggetti o che ama rifugiarsi dentro questo meccanismo anche fino ai sette anni.
Alla fine l’ho trovato così gradevole nella sua semplicità che ho deciso di illustrarlo in autonomia e poi di auto-pubblicarlo.
Come l’hai scritta? Di getto come Pessoa che nella sua “giornata trionfale” scrisse 30 componimenti di seguito senza interrompersi oppure a poco a poco? E poi con sistematicità, ad orari prestabiliti oppure quando potevi o durante la notte, sacra per l’ispirazione?
La prima bozza di poesia l’ho scritta di getto, dopo essermi documentata sulle caratteristiche rocciose, gassose o liquide di ogni singolo pianeta, poi è cominciato un lentissimo lavoro di revisione e illustrazione del testo nei ritagli di tempo.
Sono i rimandi poetici a fatti di cronaca che mi tengono sveglia la notte finché non mi alzo a scrivere una frase.
La copertina, il titolo e le illustrazioni. Chi, come, quando e perché?
Avevo chiesto a varie amiche e conoscenti illustratrici (o semplicemente con la passione per il disegno) di collaborare all’illustrazione del libro. Dopo un iniziale entusiasmo e la richiesta conseguente di un mio invio della poesia non ho più avuto riscontri.
Ho quindi deciso di illustrare da sola il mio libro, creando la grafica di pagine e copertina. Fotocopie, matite, acquarelli, pastelli a cera, pennarelli, gessi, tempere e forbici hanno fatto il resto.
Mio marito, a cui devo moltissimo per il sostegno e l’aiuto, ha curato l’impaginazione su un noto portale di vendita on line che si occupa anche di stampa e vendita di libri.
La tua opera è autopubblicata. Vuoi raccontarci qualcosa in merito?
Ho inviato il libro a quasi cinquanta case editrici per bambini, alcune mi hanno cortesemente risposto: “Il suo libro non interessa al nostro catalogo”, alcune ancora più gentilmente aggiungevano: “ha spunti interessanti” e “le auguriamo fortuna con la sua pubblicazione”.
Le più scorrette chiedono di far pagare la stampa di molte copie millantando un interesse che in realtà non hanno, per lo meno di investire sull’opera che poi abbandonano.
A me non andava di pagare centinaia di copie che poi non avrei saputo che impatto avessero sul pubblico, così ho scelto di auto-pubblicarlo sul portale di cui parlo nella precedente risposta.
A quale pubblico pensi possa essere rivolta la tua pubblicazione?
Sicuramente ad un pubblico tra i 5 e i 7 anni, momento in cui hanno maggior concentrazione per apprezzare il linguaggio poetico ma ancora gusto per il gioco di “personificazione” dei personaggi.
In che modo stai promuovendo il tuo libro?
Sto imparando che il passaparola e il presentarmi personalmente nei luoghi delle presentazioni sta creando un’onda di propagazione forse più efficace dei social.
Le mail vengono lette con sospetto e i mass media ti procurano qualche like spesso senza seguito. Diciamolo: non ho il “phisique du role” della tiktoker e quindi prediligo il “porta a porta” che mi sta creando soddisfazioni per accoglienza ed apprezzamento del libro.
Le presentazioni mi hanno sempre aperto successive opportunità di altri eventi.
Qual è il passo della tua pubblicazione che ritieni più riuscito o a cui sei più legata e perché?
Prediligo la poesia conclusiva, una sorta di morale di Esopo che evidenzia uno dei temi a me più cari: l’inclusività.
“Nello spazio più profondo nove amici fan girotondo, tutti quanti intorno al sole, queste son le lor parole:
-Tutti quanti qui danziamo, da tempo infinito un canto intoniamo. Un suono che a noi ricorda all’istante, che dal grande al piccolo tutto è importante -“
Che aspettative hai in riferimento a quest’opera?
Devo dire che l’apprezzamento che ho visto nei piccoli lettori e l’affetto con cui si approcciano all’opera, oltre che alla stima dichiarata dai loro genitori, sono già delle aspettative altissime a cui non mi immaginavo di tendere.
Una domanda che faresti a te stessa su questo tuo lavoro e che a nessuno è venuto in mente di farti?
Aligò ti sei divertita a scrivere e illustrare questo libro?
Mi sono divertita tantissimo, mi sono riscoperta bambina: la piccola Annalisa è la parte più creativa di me e quella che mi regala più soddisfazioni dal punto di vista ludico ed estetico.
Quali sono i tuoi progetti letterari futuri? Hai già in lavorazione una nuova opera e di che tratta? Puoi anticiparci qualcosa?
Sto iniziando ad abbozzare un altro libro illustrato per bambini dal titolo “I folletti riordinini”, storia che avevo inventato quando ero un’educatrice, per la comprensione del valore e del significato del riordino. Un gioco successivo, in cui i bambini “diventavano” folletti rendeva più piacevole lo stesso in classe. Stranamente il testo è in prosa (per ora).
Un altro progetto che amerei molto portare a termine è la catalogazione e la pubblicazione di libri delle mie poesie divise per tema: pedagogico, sociale, affettivo.
Chissà se riuscirò un giorno a farmelo pubblicare…






















