Come non ricordare gli orchi , le streghe , gli gnomi , le fate che ci accompagnavano nelle fiabe di noi bambini ? La sera a letto quando la mamma o papà ci raccontavano e noi fantasticavamo o anche no. Per Melina Scalise non va così: ci si trova di fronte ad una fantasia “adulta” anche se le fiabe restano fiabe ad ogni età e leggere l’inizio di ogni suo racconto con ”C’era una volta “è una sensazione che ti porta all’interno di mille immagini immergendoti di volta in volta ponendoti domande. Guai ad allontanarsi dalla fantasia/sogno, aggiungo. Senza pregiudizio alcuno si susseguono immagini e riflessioni coraggiosamente profonde, che mettono il lettore di fronte a temi importanti alla ricerca del senso. “Triangolo fece tesoro di prudenza e impulsività e da qual dì nacque trilogia, che ogni logica può portarsi via, si passa dal dramma alla risata e, con filosofia, la messa in scena è sempre assicurata” da “Non c’è due senza tre” (pag. 83) Si ammirano, in questo libro, i bellissimi dipinti di Francesca Magro. Mentre noi attendiamo altre fiabe per i nostri sogni, per allontanarci seppure per un po’ dalla bruttura di questo tempo
poesia di Isabella Bignozzi, Supernova, è tratta da Le stelle sopra Rabbah, per Transeuropa nel 2021, ed è accompagnata dal sottofondo Musicale Gnossienne No.1 di Erik Satie, legge la stessa autrice
Maria Grazia Galatà con Mario Luzi
poesia di Maria Grazia Galatà Da” Quintessenza “, Marco Saya Edizioni 2018, legge la stessa autrice
Elia Belcufinè
poesia di Elia Belcufinè da “La rosa rosa”, RPlibri 2020, legge lo stesso autore
Annalisa Rodeghiero
poesia di Annalisa Rodeghiero, da “A oriente di qualsiasi origine”, Arcipelago Itaca edizioni 2021, legge la stessa autrice
Leggono le poesie di Bartolo Cattafi nell’ordine: Maria Grazia Galatà, Deborah Mega, Maria Allo, Loredana Semantica.
IL POETA
Bartolo Cattafi, nato a Barcellona Pozzo di Gotto (Me) il 6 luglio del 1922, morto a Milano il 13 marzo 1979, è poeta italiano. Ricorre quest’anno il centenario dalla sua nascita. Il poeta, stimato da Giovanni Raboni, del quale era amico, era in contatto con la cerchia dei poeti milanesi: Giovanni Giudici, Luciano Erba, Vittorio Sereni. Bartolo Cattafi, laureato in giurisprudenza, ha lavorato come pubblicista, è autore di svariate raccolte di poesia – i titoli nell’elenco sottostante – pubblicate principalmente da Mondadori e Scheiwiller, Il poeta “ha patito l’esclusione dalle più autorevoli antologie della poesia italiana del Novecento (Sanguineti e Mengaldo); è finito in una dimenticanza pressoché generale. Sino a che, da qualche anno l’attenzione che merita sembra finalmente rinascere, il suo nome spuntare più di frequente nelle pagine di pubblicazioni di vario genere o sulla bocca dei lettori.” Dal sito “Le parole e le cose”
Sono Elvezia Allari, nata a Schio, in provincia di Vicenza, cinquantasette anni fa. Ricordo benissimo la mia chiamata all’arte. Avevo dieci anni e nel giardino del condominio dove abitavo, ritrovavo le mie coetanee che abitavano nello stesso edificio per giocare con loro. Eravamo un gruppo di quattro amiche. Oltre a me c’erano Carla, Ilaria, e Stefania. Un giorno venne fuori la classica domanda alla quale ognuna di noi doveva dare la sua risposta: che cosa vuoi fare da grande? Chi rispondeva la segretaria, chi la parrucchiera, chi la ballerina e avanti così. Quando viene il mio turno rispondo che voglio sposarmi con un pittore matto. Carla esclama che non è un lavoro. Cioè? le ribatto, visto che tu vuoi diventare una suora, con chi ti sposerai? Con Dio, rispose. Va bene, replicai, allora un giorno me lo farai conoscere. La sua risposta divenne il mio tarlo. Mi spinse a pensare che diventare sposa aveva un significato tutt’altro che comune. Come fa una a sposarsi con qualcuno che manco vede? Forse è per quello che ho sposato l’arte, perché all’inizio non la vedevo, ma, ad un certo punto, sono riuscita a vederla e a crearla. Ho iniziato con studi per ceramista allorché di ceramica non mi interessava nulla a parte gli effetti, gli errori nel plasmare l’argilla. Venne l’urgenza di andare a vivere da sola, e a vent’anni, contro il parere dei miei genitori decisi di uscire di casa. Naturalmente, senza una lira. Così, ho iniziato a posare come modella d’arte in un liceo artistico. Pensavo di fare quel lavoro per un anno o due. Sarebbe stata abbastanza per mantenermi mentre studiavo in una scuola di restauro pietra ed affresco. Però non era così semplice. Per pagare l’affitto e tutto ciò che ne consegue dovevo avere un’entrata fissa, perciò quello che speravo di fare per soltanto un anno o due si è trasformato in ventiquattro anni di posa. La scuola di restauro mi è stata molto utile per capire le possibilità di manipolazione offerte dai vari materiali, trovare soluzioni agli errori, soddisfare la mia fame di storia dell’arte. Le pose a scuola, però, hanno avuto una funzione catartica. Stare ferma, nuda davanti a ad una ventina di allievi, mi ha dato la possibilità di osservare le loro posizioni, i loro gesti, i segni che tracciavano sulla tela, i loro sguardi. Terminato il lavoro, tornavo nel mio laboratorio e sperimentavo a partire dalle tecniche che avevo viste adoperate e dalle sensazioni accumulate durante le ore di posa. Ho iniziato con gli abiti per corpi impensabili, abiti di silicone, orpelli, monili, borse per passeggiate effimere. Incominciai a collaborare con compagnie teatrali per le quali realizzavo allestimenti e scenografie. Dal silicone sono passata alla carta, sempre creando abiti sia tridimensionali sia piatti. Abiti da seminare, ovvero abiti di carta colmi di semi inseriti nella carta stessa che sono segni quando guardati mentre l’opera è appesa alla parete ma che diventano fiori quando l’opera viene seminata in giardino. Successivamente, dalla carta la mia attenzione si è rivolta al filo di ferro cotto che tuttora rimane un materiale che sento molto. Dall’inizio del mio percorso, tutto ruota attorno al corpo che secondo me è l’unica casa che davvero abitiamo, una casa a volte da ristrutturare per fragilità in corso ma che esprime anche solidità e certezza e che ci parla. Ci dice “fai così”, “continua in questo modo”, “non potresti fare altro che questo”, “sei un tramite per qualcuno che arriverà”. D’altronde, non sono stata chiamata anch’io da qualcuno?
Nel ricondurre la mia esperienza nella poesia, mi attengo a due momenti di profonda consapevolezza verso me stesso che hanno inciso nella ricerca tuttora perdurante della parola.
Quanto sia difficile per me scrivere del mio intimo, della mia essenza terrena, legata a tutto quello che si muove intorno, e mi fa smuovere sempre con difficoltà, è una prova che mi costa davvero molta fatica, perché solo in modo sincero posso scrivere di me e di quello che mi lega alla fotografia. Nasce spontaneamente il mio avvicinarmi alla fotografia, con la curiosità, tramite l’uso dei tempi lunghi, di invadere quel tempo e spazio dove tutto è possibile, una polvere sottile, avvolge ogni cosa, al di là di ogni forma oggettiva, i corpi cercano una vita” eterna” sospesa . Per chi come me conosce da vicino la malattia da quasi 40 anni e la paura di finire come tutto, ecco che lì, in quelle foto vedo e sento la mia dichiarazione di vita, senza però una narrazione di me e dei miei “guai”. Non cerco la commiserazione, ma la mia libera interpretazione di ciò che sento più vicino alle mie paure, fragilità, speranze. Quello che ne esce sono io, sempre in modo sincero, cerco il mio consenso, e la mia storia. Ho avuto più occasioni di partecipare a mostre e mi hanno dato la possibilità di fare conoscere ciò che faccio, ma in questo momento sono concentrata sul cambiamento, che lo sento forte e vivo, e come non mai ho la voglia di fare un progetto sotto forma di fanzine, un piccolo-grande sogno da portare a termine nel tempo.
In tanti anni non ho mai scritto la storia della mia vita riguardante l’amore per la poesia. La mia è stata una folgorazione. A sette anni, al compleanno di un’amichetta, la sorella maggiore lesse una lirica scritta per l’occasione. Ne rimasi talmente colpita che da quel momento sentii di voler diventare una poetessa. A scuola seguivo sempre con amore e imparavo a memoria i versi dei grandi poeti; intanto, iniziavo ad avere pensieri e svariate emozioni. A nove anni (con la prima filastrocca) e fino ai sedici, ho compilato numerose liriche e le ho raccolte in un volumetto che non ho mai mostrato a nessuno (lo ritengo il mio diario segreto). Dopo uno stacco di due anni (per motivi di salute) ho ripreso a scrivere e continuo tuttora. Non avrei mai pensato che le mie poesie potessero interessare ad altri ed ero all’oscuro di tutto quello che si aggirava attorno alla poesia. Anche gli studi erano distanti da quelli classici (ho scelto ragioneria e ho sempre svolto mansioni aziendali). Fu un critico amico a darmi il bando di un concorso, al quale partecipai senza aspettarmi nessun riscontro. Il premio che ricevetti mi procurò una gioia mai provata; per un giorno intero vissi di adrenalina. Cominciai allora ad informarmi e a prendere contatti con il mondo culturale; soprattutto, mi interessavano i concorsi per capire se veramente i miei testi potessero valere. Ricevendo molti riconoscimenti, mi decisi a presentare le bozze di un primo libro per una possibile pubblicazione. Venne subito accettato dell’Editrice Lalli e, tra gli altri, ottenne il giudizio positivo di Andrea Zanzotto e Giorgio Barbèri Squarotti. Da allora ho iniziato seriamente il mio percorso poetico. Il secondo libro è stato curato da Bino Rebellato e mi ha portato grandi soddisfazioni. Al mio attivo ho quattordici libri di poesia ed uno di narrativa, che mi hanno gratificato sia per i Premi ottenuti sia per il riscontro critico. La poesia ha dato un senso alla mia vita e non ho mai scritto per passare il tempo ma solo tramite una forte spinta interiore. Tra un volume a l’altro ho lasciato sempre uno spazio di silenzio per dare allo spirito la possibilità di rinnovarsi e generare nuove emozioni. Inoltre, la poesia è stata ed è una lettura quotidiana, dovendo curare recensioni per altri autori e collaborare con varie Riviste letterarie. Avendo approfondito la conoscenza dei grandi Poeti, ho sempre cercato di non farmi influenzare e ho seguito il mio ritmo interno nella speranza di creare una voce che mi appartenesse. Non mi addentro nella mia poetica perché lascio questo compito ai critici e a chi mi legge. Ho scritto testi di breve/medio respiro ma anche due libri a più voci adatti alla recitazione e che ho fatto rappresentare in vari teatri. Con il tempo ho perseguito sempre di più la sintesi per dire tutto in pochi versi. Per esempio, chiudo con una lirica dal mio ultimo “Il Portale” (2021), inserito nella collana curata da Paolo Ruffilli per la “Biblioteca del Leoni”:
Ciò che non è più ciò che non ha luogo vaga nell’assurdità di un pensiero che torna dove il concreto riempiva lo spazio ed era in assoluto l’unico riferimento.
Laura Pierdicchi
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA
Laura Pierdicchi è nata a Venezia e vive a Mestre. Ha pubblicato quattordici volumi di poesia e un libro di racconti. Cura recensioni e articoli per riviste e quotidiani con argomenti di letteratura e di cultura varia. E’ inserita nell’antologia tradotta in lingua romena Echi d’acqua, curata da Ştefan Damian e in quella tradotta in lingua spagnola Venezianamente a cura di Nadia Consolani Quiñones. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti ed è presente in più repertori e antologie di poesia contemporanea. Alcune riviste straniere, come le spagnole Caleta, Por Ejempio, Puente chico, Revistatlάntica e la rumena Steaua, hanno dedicato servizi sulla sua poetica, con pubblicazione di diverse liriche. Anche nella rivista Vernice appare un ampio servizio sulla sua attività. E’ componente di giuria in concorsi letterari e svolge intensa attività pubblica di partecipazione a manifestazioni culturali. Sue poesie sono state tradotte in tedesco e presentate da Helmut Meter al Musil Archiv di Klagenfurt, in occasione del cinquantenario dalla morte di Alfred Musil, e pubblicate in I nascosti colori della vita. Di lei si sono interessati molti critici e scrittori. Tra i più noti: Cajani, Cara, Civitareale, Della Corte, Ferri, Giudici, Grasso, Magrelli, Majellaro, Pazzi, Pent, Piccari, Rebellato, Risi, Ruffilli, Scrignoli, Squarotti, Troisio, Zanzotto, ecc. E’ presente nei siti Italian-poetry.org e genesi.org. Nel sito Literary.it è inserita la sua completa attività poetica.
L‘ arte mi ha presa da quando ero bambina non ancora consapevole che era la mia via di fuga da una famiglia troppo rigida e borghese, non incline allo stato spirituale dell’essere. Mi sono rifugiata lì in quell’arte quasi autistica di una bambina di tre anni. Ogni scarabocchio o collage con la carta che maniacalmente tagliavo era viva, mi sembrava di stare dentro ad un mondo vitale, dove non esisteva il dolore. L’approccio nacque così e durò per sempre senza rendermene conto, seguivo il filo nel labirinto della vita, e, come Arianna, sono sopravvissuta al Minotauro dei disagi che creano le esperienze di un essere umano, mi sono salvata da sola, io principe di me stessa, nessun Teseo a supportarmi o abbandonarmi su un isola da sola.
Proprio nella mia natura malinconica ed ironica, ho trovato la mia vocazione, provare tante tecniche, dal disegno alla pittura, dai collage, alla video arte o alla FotoFusione. Si dice in questi casi poliedrica, un parolone, oppure si definisce monotematico chi usa sempre la stessa tecnica, un altro parolone. Solo gli umani possono incasellare l’arte, dare nomi a tutte le cose per controllarle, questo mi disturba, la vita è fatta di sfumature e tratti, certi e incerti.
L’ arte, se ne cogli il vero significato è umile, si arrotola le maniche e cerca l’oro del fare e del creare, il nero pece dell’anima sempre travagliata, ci si confronta, non gongola di sé, credo che entrare davvero nel pianeta arte, sia un viaggio interiore, per abbandonare totalmente l’ego, non è immediato e neanche semplice, ma la ricerca è quella, spogliarsi di ogni sovrastruttura e complessi sia di superiorità che al contrario di inferiorità. L’arte ha molto a che fare con la meditazione, mollare, lasciar andare la mente che è un limite, ogni creatore (dire artista è un po’ generico) ritengo abbia il suo percorso personale, ma se è onesto con se stesso si vota all’arte senza aspettarsi niente, è quasi un percorso ascetico, se si vuole la vetta è interiore, ottenere il successo è come vincere alla lotteria.
Non è mai una questione di talento, se bastasse solo quello sarebbe facilissimo, sono tante linee che si intersecano: la conoscenza, il potere, i consensi, le quotazioni, i supporti di mecenati ed estimatori, è tutta una connessione quasi impossibile, e non è mai sicuro che chi arriva sia il migliore. L’arte va vissuta, come San Francesco, con l’umiltà di vedere il tutto ed anche l’oltre, se poi accade, è quasi un miracolo. Il mondo dell‘arte è un’arena feroce, e il creatore, come il gladiatore, si deve procurare il lasciapassare per la libertà. Ci sono infine i creatori tuonanti che la loro libertà la conquistano in solitaria con lacrime di sangue e pezzetti di anima.
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